"Falkland, euroburocrati e una radio contro l’Urss: la mia vita con Maggie"

Il consigliere politico John O'Sullivan racconta i retroscena degli anni di governo con la Lady di ferro

"Falkland, euroburocrati e una radio contro l’Urss:  la mia vita con Maggie"

È a Milano, invitato dall’Istituto «Bruno Leoni», per raccontare di lei, la Lady di ferro. E nessuno davvero può farlo meglio di lui. Sì, perché John O’Sullivan, giornalista classe 1942, è stato vicino a Margaret Thatcher negli anni cruciali sia come advisor che come policywriter. Un «consigliere» di razza per il numero 10 di Downing Street (molti dei discorsi della Thatcher erano frutto della sua penna). E del resto il conservatorismo anglosassone ha in lui una delle menti più vivaci: è uno degli uomini di punta dell’«Hudston Institute» (un Think Tank di destra attivo sin dal 1961) e capo editor di The National Interest.

Mister O’Sullivan: è approdato qualche mese fa sugli schermi The Iron Lady, e ha ridestato l’attenzione su Margaret Thatcher. Cosa pensa del film?
«C’è da parte mia in primo luogo un dubbio etico... Cioè se sia giusto fare un film che racconta la malattia di una donna che quella malattia sta ancora vivendo. Detto questo, il film ha pregi e difetti. Molto spesso non emerge con chiarezza il contesto storico in cui la Thatcher ha operato come Primo ministro avendo un ruolo chiave nella gestione di conflitti globali... E anche se in generale la ricostruzione degli eventi tiene, ci sono una serie di errori, di dettagli sbagliati. Comunque, l’interpretazione degli attori a partire da Meryl Streep è di grande livello. E io ho visto persone uscire dalla sala dicendo “È stata una gran donna”. E questo è importante».

Quest’anno è l’anniversario della guerra delle Falkland. Deve essere stato un momento difficile per un Primo ministro...
«Sì molto. Io ho vissuto quei giorni dagli Usa, ma ero in strettissimo contatto con l’Inghilterra. Per il Paese è stato fondamentale il supporto degli Stati Uniti e il fatto che la popolazione abbia dato prova di una grande compattezza. A parte frange della sinistra più radicale che contestavano soprattutto il costo della guerra...».

Veniamo invece alla caduta della Thatcher. Un grande peso l’ha avuto la Poll Tax. È un monito importante in un momento in cui la questione fiscale è al centro del dibattito...
«C’è un mito difficile da abbattere, cioè che la Poll Tax sia stata partorita direttamente dal cervello del Primo ministro. Non fu così, ogni dieci anni in Inghilterra la tassa sugli immobili viene rinnovata, eravamo in un contesto del genere... E la sinistra del partito optò per quella soluzione... Margaret si piegò... Ma la vera causa della sua caduta fu l’impossibilità di frenare la spinta inflazionistica. Se non si controlla l’inflazione inevitabilmente i piccoli problemi diventano grandi».

La Thatcher ha sempre avuto posizioni prudenti per quel che riguarda la Comunità europea. All’epoca venne criticata, col senno del poi si può dire che avesse ragione?
«Il Primo ministro Thatcher non era contraria all’Europa unita, ha firmato molti trattati commerciali, uno anche qui a Milano. Aveva però in mente un modello di Europa preciso. Non voleva un’Europa centralizzata e burocratica... Un Europa colbertista. Lei voleva un’Europa decentrata, non governata da persone non legittimate dal voto. E poi voleva una competizione tra governi. Voleva che tra i vari modelli fiscali e di legislazioni prevalessero i migliori. Non voleva un “cocktail” imposto dall’alto...».

Non solo Downing Street. Lei Mister O’Sullivan è uno degli uomini di punta di Radio Liberty. Ci spiega cos’è?
«Durante la Guerra fredda gli americani pensarono e finanziarono un’emittente radiofonica che fornisse un’informazione libera e democratica ai Paesi Oltrecortina. Io ho partecipato al progetto. Dopo la caduta del comunismo i nuovi governi di quelle nazioni ci hanno chiesto di continuare le trasmissioni sino a che non si è formata una stampa libera. Oggi trasmettiamo ancora in 21 Paesi e in 28 lingue... Anche in Afghanistan e in Iraq. A volte dobbiamo affrontare l’ostracismo dei governi locali, ma è un’attività importante per la democrazia».

A proposito di democrazia, Lei è famoso per aver formulato quella che è nota come la prima legge di O’Sullivan, la spiega ai lettori del Giornale?
«Tutte le organizzazioni politiche che non sono compiutamente

liberali finiranno prima o poi per diventare organizzazioni politiche di sinistra. Perché? Perché lo statalismo, il dirigismo, e il collettivismo hanno la tendenza a dilagare... È ho buoni esempi per supportare la mia idea».

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