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Dal "Gioca Jouer" a Sanremo, Claudio Cecchetto si racconta a tutto tondo

Quaranta anni e non li dimostra. Il "Gioca Jouer" è infatti ancora oggi uno dei dischi più amati. Tra ricordi ed emozioni le parole di Claudio Cecchetto su questo cult della nostra musica

Dal "Gioca Jouer" a Sanremo, Claudio Cecchetto si racconta a tutto tondo

A febbraio del 1981 usciva il “Gioca Jouer”, uno dei dischi più amati ed ascoltati da intere generazioni, ancora oggi sinonimo di allegria e divertimento. Quest’anno compie 40 anni, anche se non li dimostra affatto. Legato ad un periodo felice dove tutto era in divenire fu anche la prima sigla del festival di Sanremo. È figlio come tanti altri grandi successi, della mente geniale di Claudio Cecchetto, dj, talent scout e produttore musicale, che ha lasciato un’impronta indelebile nella musica dance e pop. Proprio con lui abbiamo voluto simbolicamente festeggiare questa importante data, ricordando quel periodo e soprattutto la musica che gli girava intorno.

Come è nata l’idea del “Gioca Jouer”?

“All’epoca facevo un programma con Pippo Franco che si chiamava ‘Scacco Matto’ e aveva una sigla in cui ballavo. La riguardavo da casa con un amico, perché i programmi all’epoca erano registrati, e lui mi spiazzò dicendomi: ‘Ma non ti vergogni a ballare?’. Quella frase mi fece pensare molto. In effetti un pochino mi vergognavo, però mentre ballavo mi divertivo i molto a seguire i comandi che mi dava il coreografo per ricordarmi i passi. Sempre questo mio amico, mi disse che era una consuetudine fare questo tipo di balletti nei villaggi vacanza e visto che come ogni dj il mio desiderio era quello di realizzare un disco, mi sono detto: “quasi, quasi lo faccio”. Avevo però un problema, il fatto che ero stonato e quindi mi è venuta l’idea di creare questa formula, che anche se c’è la musica non è una canzone, ma quasi un gioco. Ed è stato proprio questo, secondo me, il motivo per cui sta funzionando ancora oggi. Certo devo dire anche grazie alle maestre d’asilo che immancabilmente lo propongono. Lo trovano anche abbastanza facile da realizzare con i bambini, avendo le istruzioni 'allegate'”.

Sta un po’ minimizzando perché in realtà quando uscì nel 1981 fu un successo enorme...

“Devo ringraziare Gianni Ravera, il patron del festival di Sanremo, che lo ha voluto a tutti i costi come sigla. Fino a quel momento Sanremo non aveva una sigla ed era introdotto con la musica classica e tanti fiori. Quindi il “Gioca Jouer” è stata anche la prima, lanciando una moda che è andata avanti per per tanti anni. Nell''81 la cosa è piaciuta molto ed è stata vista da qualcosa come 25 milioni di persone. Un mio amico discografico mi ha disse “Hai vinto tu il festival senza essere in gara”.

Se si pensa agli anni '80, viene in mente lei e la musica che ha prodotto. Cosa ricorda di quel periodo magico?

“Sicuramente che ero molto più giovane. Scherzi a parte, c’era questa grande voglia di novità e di rinnovamento, che era già iniziata negli anni ’70 con la dance. Però gli anni ’80 sono stati quelli del cambiamento definitivo, che si poteva osservare in tutti gli ambiti”.

Sarà stato sicuramente merito di Gianni Ravera che ha scelto un giovane come lei, ma anche la sua abilità visto che da quel momento in poi lei ha iniziato a produrre una serie di dischi di grande successo...

“Diciamo che per primo ho visto la potenzialità degli 'spaghetti music' ovvero della dance made in Italy, e l’ho prodotta. È un po’ quello che succede ora con la trap. La gente non ne tiene conto, ma sta succedendo una vera e propria rivoluzione musicale. All’epoca c’era la dance che a me piaceva, ma soprattutto venivo dalla scuola di dj, per cui la dance era il mio pane quotidiano, anzi notturno. Diciamo che ho avuto la fortuna di incontrare Gianni Ravera, ma anche quella d incontrare musicisti dance molto interessanti, che mi hanno aiutato a spingere questo genere musicale”.

Ne ha prodotti tantissimi, quello che ricorda con maggior affetto?

“Sicuramente Sandy Marton che è stato il primo che come in amore, non si scorda mai. È partito tutto da ‘People from Ibiza’ e da lì ho aperto anche l’etichetta discografica ‘Ibiza Record’. Ho cominciato a produrre Tracy Spencer, i Via Verdi, Taffy, Sabrina Salerno. Dopo questa prima fase, ho voluto testare qualcosa di più concreto. Questo perché la dance aveva il difetto di essere ‘once shot’, un brano e via. Volevo produrre un artista e il primo di questa nuova mia era è stato Jovanotti. Direi che è andata bene”.

Su quel genere di musica leggera e pop, ci furono giudizi feroci da parte di molti critici musicali che storcevano il naso...

“A proposito di questo mi fa molto sorridere il fatto che all’epoca si parlava di musica ‘usa e getta’, solo che non l’hanno gettata. Ancora la usano”.

Ha parlato prima di musica trap, secondo lei può arrivare ai livelli che è arrivata quella dance?

“Questo no, ma è una questione d’età. Ogni generazione ha i suoi gusti. È chiaro che la quella precedente è più affezionata alla musica con cui è cresciuta. Dico sempre ai miei figli che sono appassionati di trap: ‘Vedrete che i vostri figli vi diranno ‘ancora con la trap?’’. Ma questa è una fortuna, altrimenti saremo rimasti a Beethoven”. I giovani stanno riscoprendo gli anni ’80 e '90, probabilmente ripartiranno da lì per fare nuova musica. I titoli che noi ricordiamo di quell’epoca sono forse 30 ma ne sono usciti tantissimi in realtà, così come per il rap. Ne è uscito tanto, anche se noi ricordiamo al massimo cinque titoli, mi viene in mente ‘Walk This Way’ dei Run Dmc. Detto tra noi dal punto di vista musicale è chiaro che la trap è fatta più di parole che di musica, ma se ci sarà qualcuno furbo che riuscirà ad agganciare la melodia alle parole, sono sicuro che farà successo. Quello che sta succedendo nel mondo con Drake. Non è che faccia trap, fa pop”.

Fiorello, gli 883, Dj Francesco, Gerry Scotti, Amadeus, sono solo alcune delle sue produzioni, con tutti questi lei si sente ancora?

“È esattamente quello che succede in una famiglia con i figli. Alla fine li rivedi a Natale e a Pasqua. Ognuno prende la sua strada. Con loro c’è amicizia abbiamo condiviso un periodo storico indimenticabile e una partenza fatta insieme, ma ognuno ha preso poi la sua via. Ci sentiamo, ma non è che ci frequentiamo come all’inizio quando lavoravamo insieme. Però, visto che ognuno di loro ha seguito una buona strada, credo che la preparazione sia stata ottima”.

C’è un disco degli anni ’80 a cui è particolarmente legato?

“Ho nel cuore quello dei New Order 'Blue Monday’, che secondo me ha fatto partire tutta la new wave. Ogni volta che lo sento i miei figli mi dicono: ‘Papà ma questo è un pezzo vecchio’. Invece per me è sempre molto attuale”.

Si è appena concluso il 71° festival di Sanremo, sia da critico che da telespettatore, cosa le è piaciuto?

“Più che da spettatore avendolo fatto vedo che le cose si ripetono. Quando hai un programma di grande successo e con molta audience, arrivano sempre le critiche sia positive che negative e in base a questo posso dire che quest’anno ha funzionato. Dal punto di vista musicale mi sono piaciuti La rappresentante di lista e poi Irama, perché ha portato qualcosa di diverso dal suo repertorio. Sono stato contento che abbiano vinto i Maneskin. Un po’ perché sono giovani e io sono sempre dalla loro parte, un po’ perché si dice che il rock è morto invece nella mia vita ho notato che ritorna ciclicamente. Poi non dimentichiamoci che loro andranno di diritto all’Eurovision e avremo dei rappresentanti belli, giovani e aggressivi. Mi sembra un ottimo risultato, invece di portare le ‘lagne’ come fanno tutti gli altri Paesi”.

Di Achille Lauro cosa pensa?

“Che ha fatto uno show nello show. Ho sentito alcune critiche sul fatto che fosse qualcosa di già visto, però venivano tutte da persone molto grandi d’età. Bisogna pensare che anche il rock è già visto e sentito. Quando Lauro sale sul palco, penso sempre che se non ci fosse lui, non ci sarebbe nessuno con il coraggio di fare quelle cose. Visto che parliamo di Sanremo che è uno dei programmi più visti, questa cosa va benissimo”.

Ha intenzione di festeggiare i quaranta anni del “Gioca Jouer”?

“Ho festeggiato i 20 anni con il

video girato in tutto il mondo. Per i 30 i miei figli mi hanno regalato un montaggio dei vari Gioca Jouet pubblicati. Per i 40 sono semplicemente molto contento che questo disco è ancora così famoso. Bravo 'Gioca Jouet”.

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