I "forzati" della vacanza trasgressiva

Ibiza dal nichilismo di Cioran all'edonismo di massa. Sempre più scatenato ma conformista

A metà degli anni '60, Emil Cioran fece una vacanza a Ibiza. Detto così, fa un po' sorridere. Cioran era già Cioran, un aspirante suicida «inchiodato a questo bell'universo maledetto», e Ibiza, senza già essere l'isola dell'edonismo, il laboratorio dell'odierna ricerca del piacere, era pur sempre la terra dove Calipso aveva irretito «con parole dolci e amorose» Odisseo, l'amnesia totale del piacere rispetto al dolce-amaro della memoria e della storia. Negli anni '30 del Novecento, Benjamin e Camus, Drieu La Rochelle e Prévert avevano fatto da battistrada a una generazione che fra i '50 e i '60 avrebbe annoverato esponenti della Beat Generation e dei «figli dei fiori», rifiuti politici e sociali e avventurieri puri e semplici, tutti sedotti, insabbiati e più o meno abbandonati nel nome del suo incanto...Anche il termine «vacanza», associato a Cioran, fa un po' sorridere: «Essendo tutto l'anno in vacanza, quando arrivano le vacanze vere e proprie mi rendo conto più che mai del vuoto in cui vivo, il vuoto ufficiale della mia esistenza». A Ibiza, nel villaggio di Talamanca, il sole scottava e «il caldo esalta tutte le mie infermità. Bagni in mare, vento, caldo, tutto concorre a risvegliare i miei mali, a esacerbarli» (Taccuino di Talamanca, Adelphi, pagg. 44, euro 6). Il suo primo impulso era stato buttarsi a mare dall'alto della falesia che poco lontano ornava la costa, «ma la notte era perfetta, impeccabile» e ciò, semplicemente, l'aveva «colmato. Che fortuna soffrire in una simile cornice. Ci vogliono compensazioni ai nostri dolori, e non c'è niente di più triste che affrontare delle prove in uno scenario qualsiasi».
Così come i turisti e gli isolani, nemmeno Cioran di notte poteva dormire, i primi perché dovevano divertirsi, i secondi perché dovevano lavorare, lui perché incapace dell'una e dell'altra cosa, «l'aspirazione a vivere come tutti e l'incapacità, o piuttosto l'impossibilità di riuscirci». Eppure, «solo in questa isola dove il tempo non ha più corso», si può guarire «dall'orrore del futuro»; eppure, «vivere lontano dal Mediterraneo è un errore». Le felicità di un infelice.
Ogni anno Ibiza celebra il suo rito, espone un marchio, racconta un incantesimo. Stando a un'inchiesta del Governo delle Baleari, il 68 per cento dei turisti che fra luglio e agosto la invade, fa parte del «popolo della notte». Li attrae la «festa»: il resto, spiagge, natura, cultura, cibo, è un optional. È quello che il sociologo Yves Michaud ha definito nel suo Ibiza mon amour (Nil, pagg. 351, euro 20), «l'industrializzazione dell'edonismo», ovvero la «trasgressione tollerata, inquadrata e commercialmente organizzata. Ibiza come festa, piacere, ma sotto forma di un continuum, una bolla in espansione del benessere. Musica, clima, ritmo di vita, droghe, libertà sessuale, organizzazione del viaggio e del soggiorno, fusi insieme per produrre questo tempo disteso. Il piacere non è lasciato al caso: è il prodotto di un'industria efficace».
Nel tempo, l'isola di Calipso è divenuta l'isola dei Lotofagi. Secondo l'inchiesta, un turista su cinque assume cocaina, il 22 per cento consuma ecstasy. Se negli anni '50 al Bar Domino già si «fumava» e si beveva assenzio, e nei '60 il film More faceva conoscere i tramonti di fuoco e le illuminazioni artificiali dei suoi spettatori, nei '70 la discoteca Amnesia, fondata da Antonio Escohotado, vedeva quest'ultimo come autore di una Storia generale delle droghe in tre volumi...
Eppure, come scrive Michaud in questo saggio né apologetico né denigratorio, lo spostamento progressivo del piacere è già nei nomi e nei numeri. Privilege, Amnesia, Eden, Paradis Terretal, Pacha, indicano le discoteche, 10mila, 7mila, 5mila il numero di persone che possono contenere, techno, trance, minimal, house, ambient, balearic, le musiche che vi impazzano, Cream, Mondo Loco, Troya Asesina, Flower Power, Espuma, Fuck me, I'm Famous, le feste a tema che le incoronano. È la musica a scandire la differenza con ciò che è stato, e a sancire il carattere del nuovo edonismo, un edonismo d'ambiente e di flusso: «Nasce da qui l'importanza dei suoni, degli odori, delle atmosfere luminose e sonore, degli “ambiances”, dei luoghi e di tutte le tecniche per metterli in forma, per “disegnarli” (design sonoro, olfattivo, eccetera)».
Rispetto al passato, ispirazione, evasione romantica, rottura con l'ordine borghese, l'edonismo attuale di Ibiza sa più di ricreazione che di creazione, indica cioè un soggiorno festivo dove, come nota Michaud, «i consumatori producono con i loro desideri i prodotti che consumano. Le loro attese formano una spirale con le soddisfazioni che di volta in volta saranno rinnovate. Viene da qui la nozione di imaginering, per indicare il melange di ingegneria e di immaginazione che è al cuore dell'economia del piacere. Il consumatore è anche attore e autore delle evoluzioni di tendenza».
Torniamo a Cioran. Quarant'anni fa, quello che era un turismo di fatto artigianale, già gli appariva «l'invasione dei turisti», «il silenzio scomparso dall'isola», «i guasti della “civiltà” così evidenti che si ha ritegno a segnalarli ancora». Ciononostante, lo abbiamo visto, l'isola è di tale bellezza da fargli comunque accettare la vita... Quarant'anni dopo, Yves Michaud scrive proprio a Ibiza il suo saggio sull'industrializzazione del piacere che ha qui la sua incoronazione. Perché ci sono «paesaggi ancora virgiliani, ritmi scanditi e distesi rispetto alle nostre abitudini, una società tollerante e accogliente, scambi amichevoli e intellettuali cosmopoliti e, evidentemente, il ricordo irreale eppure presente di chi nel passato fu da lei affascinato».
C'è ancora e sempre spazio, insomma, per gli happy few, i pochi felici in grado di andare in controtendenza rispetto ai fenomeni di massa, proprio perché l'industrializzazione, non contemplando il singolo, e dovendosi incentrare sul numero, è costretta a giocare sui tempi ristretti che l'economia del piacere mette a disposizione. A giugno, come a settembre e a ottobre, Ibiza resta un incanto, anche se... L'«anche se» è in un racconto di Ballard, Il più grande parco d'attrazioni del mondo.

È la storia di un popolo di vacanzieri che, al momento di rientrare dalle vacanze, si ammutina. Forma una nuova comunità nel segno dell'abbronzatura e della cultura fisica, con nuovi leader abbronzati e muscolosi, che danno vita a nuovi nazionalismi e a una nuova ricerca dello «spazio vitale»...

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