È stato un anno di felicità. Non che sia stato felice, ma in Italia il mondo dei libri ha cercato la felicità in ogni modo, anche magari cambiando qualche titolo rispetto all'originale, affinché richiamasse quell'unica parola veramente magica. Un esempio su tutti: il nuovo libro di Erica Jong, Fear of Dying («paura di morire», un riferimento al suo celebre Paura di volare ) in Italia è diventato Donna felicemente sposata cerca uomo felicemente sposato (Bompiani). Tutto è cominciato con il grande successo del libro di Francesco Piccolo, Momenti di trascurabile felicità , seguito quest'anno dai Momenti di trascurabile infelicità (sempre Einaudi): la questione è come stiamo in mezzo alla vita, come vorremmo stare. Ciò che gli uomini cercano. Ecco, i libri inseguono la felicità, come dimostrano una ventina di titoli pubblicati (o ripubblicati) nel 2015, non solo saggi o manualistica, ma anche romanzi. Come quello dell'israeliano Etgar Keret, Sette anni di felicità (Feltrinelli), racconto pieno di ironia della sua vita a Tel Aviv: si comincia col figlio Lev che nasce in mezzo a un attentato, si finisce con la malattia del padre. La felicità? È, per esempio, quando lo scrittore si trova in volo e lì, «chiuso in una scatola di latta galleggiante fra cielo e terra», sperimenta «un'esistenza felice, ebete, di quelle che non cercano di usare il tempo fino all'ultima frazione di secondo». O quando un amico gli spiega che l'Iran sta per distruggere Tel Aviv e quindi a che pro sistemare il rubinetto, buttare la spazzatura e accendere la lavastoviglie? Ovvero la filosofia del «se devo perire tra le fiamme comunque, non lo farò come un babbeo». Felicità nonostante, diciamo. E anche nella tragedia, quando suona la sirena di un attacco e, per convincere il figlioletto a sdraiarsi in mezzo alla strada, lui e la moglie si inventano di fare il sandwich di pastrami . Il figlio è molto felice.
Felicità nonostante è anche quella di Hendrik Groen, che a 83 anni e un quarto decide di tenere un diario: «Condividerò senza censure il mio sguardo sulla vita in un ospizio di Amsterdam-Nord» spiega in Piccoli esperimenti di felicità (Longanesi), un successo in uscita in venti Paesi. Racconta la vita nella casa di riposo senza indorare la pillola, anzi talvolta accennando al desiderio di quelle che «risolverebbero tutti i problemi», ma il baluardo migliore contro l'eutanasia diventa il pittoresco «Club dei vecchi ma mica morti»: sei membri che due volte al mese organizzano una gita per divertirsi. Regola numero tre del Club: «I partecipanti non possono lamentarsi». Hendrik non si rassegna: «Bisogna solo impegnarsi di più perché ogni giorno valga la pena di essere vissuto. O almeno un giorno su due». Altra atmosfera nel romanzo di Jenny Offill, Sembrava una felicità (NN Editore), in cui la protagonista, scrittrice aspirante a un mostruoso talento, vive una storia d'amore che finisce male: lei e il marito parevano una bella coppia e invece «di notte, stanno distesi tenendosi per mano. A volte, mentre sono così, la moglie riesce a fare il dito medio al marito senza che lui se ne accorga». Non era felicità. Come non lo era quella di Viri e Nedra, i protagonisti di Una perfetta felicità di James Salter (Guanda), coppia glamour di New York con belle amicizie e due splendide figlie, che però non supera i quarant'anni di lei e il suo desiderio di essere «libera». È lei, Nedra, che a un certo punto chiede al marito: «Viri, tu sei felice?». Una domanda «così ingenua, così dolce». Così potenzialmente corrosiva. Lei si chiede se forse quella della felicità non sia in fondo «un'idea stupida». Ma non può fare a meno di cercarla, in un'altra vita, in un altro continente.
Altro che libertà. La ricerca della felicità ci rende schiavi, come già avevano capito gli stoici e aveva spiegato con la chiarezza di un empirista John Stuart Mill: «Chiediti se sei felice e cesserai di esserlo». Una citazione che è il pilastro del libro di Oliver Burkeman La legge del contrario (Mondadori) che, come spiega il sottotitolo, insegna a «Stare bene con se stessi senza preoccuparsi della felicità». Il segreto sarebbe imparare ad «apprezzare l'incertezza», il negativo, a non evitare il fallimento e il peggio del peggio. Del resto, chi ha detto che la felicità sia un diritto? Il saggio Stress e altri equivoci (scritto da Simona Argentieri e Nicoletta Gosio e pubblicato da Einaudi) spiega come questo presunto diritto sia illusorio, e pure dannoso: ci convince che, se non siamo perfettamente felici, insomma se siamo normalmente infelici, abbiamo un problema. Di solito è lo stress, «cortina fumogena» per tutti i guai veri o immaginari, una delle «cause contingenti del malessere» più facili da trovare. Il malessere però resta lì, intoccato dalle parole.
Anziché combattere lo stress, magari con tecniche dubbie, bisognerebbe accettare che si possa essere «di tanto in tanto felici, con una sopportabile dose di fatica e angoscia». Tanto la felicità, se esiste, è chiaramente uno stress.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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