Siamo ormai abitati a leggere, per lo più, letteratura americana contemporanea ambientata nella solita America - quella dei legal thriller alla Grisham, dei detective crime alla Michael Connelly o dei romanzoni pseudo-esistenziali nella New York di Donna Tartt - ma esiste anche un'America meno indagata dai riflettori di carta di lettori e critica: quegli Stati Uniti tutti Bibbia&fucile. È l'America della provincia più sperduta, un tempo raccontata da Mark Twain o William Faulkner, ma che oggi sembra essere ignorata. Ed è proprio quel lato oscuro a essere raccontato da due romanzi appena usciti in Italia: firmati da due scrittori da noi sconosciuti, ma di culto negli States.
Crum di Lee Maynard (Barney Edizioni, pagg. 220, euro 16,90, traduzione di Nicola Manuppelli) ha causato tantissimi guai all'autore ed è stato vietato per anni nella maggior parte delle biblioteche statunitensi e ritirato dalle librerie. Ambientato appunto a Crum, un piccolo paesino tra West Virginia e Kentucky dove Maynard è nato e cresciuto, è una sorta di Spoon River dei vivi. Tutti i personaggi si alternano nella «crescita» del protagonista Jesse Stone, un ragazzino ribelle non soltanto negli atteggiamenti, ma soprattutto nella «visione» realistica di dove abita. Un luogo che racconta così: «Durante gli inverni a Crum le giornate erano lunghe, noiose e fredde. Durante le estati erano lunghe, noiose e calde. A Crum, solo la temperatura cambiava. Durante la mia adolescenza laggiù, la popolazione vantava 219 esseri umani, due subumani, un paio di pattuglie di cani e un gatto - almeno, per quanto mi risulti. Il cartello ai margini del paese diceva Crum - comunità non incorporata. Avrebbe potuto dire non necessaria». Maynard descrive questo «piccolo e triste paese» che «ai turisti doveva apparire come un errore» passando in rassegna gli uomini che la abitano e che la «animano»: dal lavoratore che si ubriaca il fine settimana facendo uno show (e dando da parlare per giorni) fino alla ragazza più «viva», subito tacciata di essere una di facili costumi e all'adolescente che vuole emanciparsi dalla mentalità provinciale e si trova isolato.
Negli Stati Uniti il libro è stato accostato dai maggiori critici all'ironia dissacrante di «un Mark Twain privo di freni», sul New York Times è stato definito « Il giovane Holden acido» proprio perché racconta il mondo attraverso gli occhi di un ragazzo che cerca di trovare la propria strada prima che la strada trovi lui. Crum , pubblicato da un piccolo editore nel 1985, grazie alla nuova edizione americana è tornato a essere venduto in tutte le librerie ed è stato adottato in tutte le scuole di scrittura creativa delle più importanti università statunitensi. Ma nonostante questo gli abitanti del paese ancora oggi non lo sopportano. Maynard li ha mandati a quel paese, il loro, e loro hanno fatto in modo che lo scrittore non possa mai più metterci piede, con una legge comunale che ne vieta persino l'ingresso.
Da pochissimo in libreria c'è un altro scrittore che non scala le classifiche di vendita, ma senza dubbio quelle della narrativa contemporanea: è Nickolas Butler, con Shotgun Lovesongs (Marsilio, pagg. 318, euro 18, traduzione di Claudia Durastanti), un romanzo d'esordio che fa centro come un colpo di pistola al cuore, ma con amore. Ambientato a Little Wing, cittadina del Wisconsin, la visione di Butler è opposta a quella del Lee Maynard di Crum , pur con alcuni parallelismi: anche qui siamo nell'America più profonda, ma più dolce, meno spietata, con una visione quasi alla Thoreau. Nickolas Butler ci racconta un'America dove è «ancora bello essere liberi, senza vincoli, dove poter andare dove ti pare ogni volta che ti pare» attraverso lo sguardo dei protagonisti, amici d'infanzia: un uomo che ha deciso di crescere la propria famiglia a Little Wing, una star di rodei sempre in tour, un affermato broker che abita a Chicago e un famoso musicista che ha appena perso la sua band ed è in crisi creativa. Si ritrovano in occasione di un matrimonio e ognuno sembra ritrovare se stesso «perché quando non ho nessun posto dove andare torno qui. Torno qui e ritrovo la mia voce come qualcosa che mi è scivolata dalle tasche. Qui riesco a sentire le cose. Come fai a spiegarlo a qualcuno? Cosa succede, se poi non capisce?».
Ed è grazie ad una prosa a tratti magistrale che questo esordio narrativo è più da «sentire» che da leggere: un romanzo che lascia tracce anche a libro chiuso. Merito anche a Marsilio e alla traduttrice per non aver svelato il titolo, che in italiano non avrebbe lo stesso effetto: « shotgun », infatti, indica un matrimonio riparatore (per una gravidanza o una verginità rubata), con insolite conseguenze: nella tradizione degli Stati Uniti il padre puntava un fucile da caccia alla schiena dello sposo per costringerlo al matrimonio.
E tra la ruvidezza di quest'America Bibbia&Fucile, ma al contempo capace di regalarci anche grandi canzoni d'amore (« lovesongs »), nascono parole capaci di andare oltre: l'inchiostro della parola scritta.Twitter: @gianpaoloserino
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