Joseph Roth nella terra dei "barbari"

Avidi e arcaici. Ma con un forte senso della tradizione e dei legami di sangue. Gli albanesi visti da un inviato molto speciale

Gli albanesi? I contadini e i pastori vivono come duemila anni fa, «ansiosi di conservare gli antichi costumi», pagano le tasse secondo il metodo antidiluviano della decima, tra corruzioni, mazzette e usura, e per loro «la vendetta di sangue è una consuetudine naturale». La borghesia cittadina, «sempre con il desiderio di lasciare il Paese», è avida e meschina. E gli intellettuali un'élite esigua che «provoca al paese più danni che profitti»: egoisti, mandano i figli a studiare all'estero e se ne fregano delle scuole pubbliche. Nel complesso, un popolo arcaico la cui qualità più pericolosa è «l'amore per il denaro». Una terra «bella e infelice».

È l'idea che si fece dell'Albania il giornalista - e futuro gigante della letteratura - Joseph Roth (1894-1939) quando fu inviato nell'ex provincia dell'impero ottomano, in quel momento sotto la dittatura di Achmed Zogu, per raccontare agli europei «civilizzati» gli usi, le tradizioni e le condizioni di vita di un popolo «selvaggio». Si era negli Venti e Roth, che viveva a Parigi e lavorava come corrispondente per la Frankfurter Zeitung, fu incaricato di una serie di grandi reportage: in Unione sovietica, Italia, Polonia e appunto Albania (siamo nei mesi di maggio-giugno del 1927). Paesi dove fece un lavoro splendido: da giornalista, per la capacità di concentrare in poche cartelle l'essenza di un popolo, e da scrittore, per la prosa brillante e curatissima. Come dimostrano i “pezzi” ora raccolti per la prima volta in volume da Vittoria Schweizer col titolo Viaggio in Albania (Passigli).

È trascorso quasi un secolo, in mezzo c'è stato un lungo totalitarismo marxista-leninista, gli albanesi sono ormai divenuti, con l'immigrazione, una componente della nostra società.

Eppure il ritratto che ne fa Roth, tra felici intuizioni (sulla forza della tradizione o la sacralità dei legami di sangue) e pericolosi pregiudizi (sull'avidità e la «barbarie»), è più che mai attuale. Se i suoi romanzi sono dei classici, il suo giornalismo è modernissimo.

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