Ignat Aleksandrovich Solzenicyn è un omone con gli occhi di un azzurro intensissimo. Il suo sguardo è diretto, le movenze precise e compite, come si addice al suo mestiere. È un direttore dorchestra di fama mondiale (ha diretto la Chamber Orchestra di Philadelphia e, come maestro «ospite», lorchestra filarmonica di Mosca) e un pianista di livello. È venuto a Milano per presentare la traduzione italiana del primo romanzo scritto da suo padre, il premio Nobel Aleksandr Solzenicyn (1918-2008), appena pubblicato da Jaca Book (Ama la Rivoluzione!, pagg. 268, euro 18). Ignat racconta volentieri della vita trascorsa vicino allo scrittore russo più famoso del 900.
A causa delle persecuzioni subite da suo padre, il quale dopo gli anni del gulag e le censure si vide espellere dallUnione sovietica, lei ha avuto uninfanzia da esule...
«Sì, però nonostante gli eventi burrascosi sia mio padre, sia mia madre sono stati sempre molto attenti a proteggere noi bambini... Io ho avuto uninfanzia pacifica e tranquilla. Degli anni in cui la nostra famiglia era fuggita nel Vermont ho un bel ricordo. Mio padre che scriveva, la mamma che lo aiutava...».
Quando ha capito quanto tremendo fosse stato vivere sotto il regime sovietico?
«Quando ero piccolo ogni sera a tavola commentavamo gli argomenti del giorno. E mi ricordo bene la preoccupazione di mio padre per linvasione dellAfghanistan, oppure quando ci spiegava come fosse terribile che avessero imposto la legge marziale in Polonia. Da lì il discorso si spostava sulla condizione dei russi sotto il comunismo. Invece non parlava mai delle sue sofferenze personali nei gulag. Non perché avesse in atto dei meccanismi di rimozione o perché trovasse terapeutico il silenzio. Di quello aveva scelto di parlare attraverso i libri, preferiva che anche noi leggessimo lì le cose. Noi però avevamo la possibilità di fargli quelle domande che i lettori dovevano tenersi per sé...».
Suo padre attraverso quelle sofferenze ha fatto un percorso lunghissimo che lo ha anche riavvicinato alla religione. Ne parlava mai?
«Mia nonna ha dovuto crescere mio padre praticamente da sola. Lei era ortodossa e ha fornito a mio padre uneducazione religiosa. Poi lui a scuola ha subito pressioni fortissime. Gli altri bambini gli strappavano la croce dal collo e doveva difendersi... Mia nonna venne convocata e minacciata. Alla lunga mio padre si arrese alla pressione esterna. Divenne ateo e marxista convinto, solo con la guerra e con il gulag le sue convinzioni cambiarono. Durante la prigionia potè incontrare dei cervelli di primordine, ingegneri e scienziati, che erano credenti, e questo lo aiutò a ritornare sui propri passi. E poi cè la questione del cancro...».
In che senso?
«La guarigione di mio padre. La malattia è raccontata nel romanzo autobiografico Divisione Cancro e ha avuto dellincredibile... Soprattutto in relazione al tipo di cure che ha avuto... Lui era convinto di aver ricevuto una specie di dono, quasi un miracolo, e questo ha rinfrancato la sua fede, lo ha fatto tornare alle origini».
Suo padre non è stato critico solo con il comunismo. Negli anni dellesilio ha spesso puntato il dito anche contro lOccidente. Cosa non gli piaceva?
«Oggi i Paesi occidentali spesso si fanno un vanto di aver vinto la Guerra fredda... Ma negli anni 70 e 80 non era un esito scontato e spesso quei Paesi e i loro governanti hanno avuto una condotta timida e ambigua... Mio padre cercava di far capire che esitare di fronte allespansionismo sovietico poteva essere una scelta gravissima. Criticava certe mollezze dellOccidente».
Come vede il destino della Russia attuale? Ha superato i retaggi del totalitarismo?
«Dopo la Seconda guerra mondiale la Germania per liberarsi del retaggio nazista ha affrontato un percorso complesso e profondo, ripensando il proprio passato. Questo nella Russia attuale non è accaduto. La foga di lasciarsi indietro gli anni del comunismo, di correre verso il nuovo e di guardare avanti ha impedito una riflessione critica seria. Non si può fuggire dal passato, bisogna saper guardarlo e ripensarlo».
Mi permetto una domanda più personale. Lei ha un grande talento musicale. Suo padre aveva un grande talento letterario. Spesso i padri talentuosi non sono bravi a incoraggiare i figli...
«In generale credo lei abbia ragione.
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