di Robert Ward
Q uando mi hanno detto che il mio romanzo Red Baker era stato venduto ad un editore italiano ho festeggiato con una bottiglia di barolo e un piatto di pasta.
L'Italia è il posto più romantico che conosca. Erano passati almeno dodici anni da quando avevo camminato l'ultima volta per le strade di Roma, o fatto un giro per la città di Siena. Durante i miei primi due giorni qui ho avuto un'esperienza ancora più intensa di allora. Il mio editor Nicola Manuppelli è straordinario, e la sua amica e agente Giorgia Del Bianco mi sta insegnando l'italiano. Insieme a Michele Crescenzo e Claudio Della Pietà, sono loro I Fuorilegge, sono loro la mia gang. Stiamo attraversando l'Italia in treno, con l'automobile e su un carro trainato da buoi (sto scherzando). Finora ho mangiato sei tipi di pasta, incontrato le donne più belle che abbia mai visto e tutti si sono dimostrati incredibilmente cordiali ed entusiasti del mio libro. Complimenti sinceri, entusiasmi vitali, piccole accortezze che mi fanno dire: l'Italia è un posto meraviglioso. Vado in una libreria e non mi danno gadget assurdi, segnalibri troppo piccoli o libri che non voglio legge. Vado in una libreria e mi regalano una bottiglia di vino! Come puoi non volere loro bene!
Sembra che la mia storia su un uomo buono che perde il lavoro in acciaieria trovi una forte consonanza con il modo di sentire degli italiani. È il racconto di quello che accade alle persone quando il loro paese smette di prendersene cura. Una cosa del genere è successa in America durante gli anni del Reganismo: un grande momento per i ricchi, ma un disastro per le famiglie della piccola borghesia come i Baker's. Una cosa che purtroppo sta succedendo di nuovo negli Stati Uniti e anche in tutto il resto del mondo. Quello che avevo in mente quando ho scritto Red Baker era di dar voce al tipo di persone che finora erano state ignorate dalla letteratura americana. Dal riscontro formidabile che ho ricevuto per tutta l'Italia mi sono reso conto che gli italiani la pensano nello stesso modo. In molti sono venuti da me per dirmi «sono io Red Baker». Sì, proprio così. Anche loro sono come Red Baker.
Ok, devo fermarmi qui, di nuovo sulla strada, ma prima voglio raccontare una piccola storia per tutti i miei amici italiani.
All'inizio degli anni '50 a Baltimora nessuno aveva mai sentito parlare di pizza, almeno nella mia famiglia. Mangiavamo i piatti tipici americani: pollo, hamburger, arrosto di manzo, polpettone (tantissimo polpettone). Così un giorno mio padre, uno che già allora si occupava di computer, mi disse: «Voglio proprio provare questa torta che chiamano pizza». «Pizza - dissi io - sembra divertente!». «Sì, dicono che sia una cosa speciale». Così saltammo tutti e due sulla vecchia Studebaker e guidammo fino in centro, a Little Italy, dove c'era questo bar-ristorante. Restai ad aspettarlo sulla porta, mentre passava lungo il bancone fino a questa piccola finestra, dove la pizza veniva consegnata (ne aveva già ordinata una ai funghi, per telefono). Mentre me ne sto fuori in piedi vedo questo ragazzo vestito molto bene che se ne stava seduto lì a bere già a metà del pomeriggio. Un ragazzo piuttosto bello, elegante: giacca sportiva, pantaloni leggeri con la piega e mocassini neri. Lunghi capelli neri pettinati all'indietro. Come una panna montata nera. Venticinque anni, più o meno.
La porta si apre dietro di me ed entra un altro ragazzo, ma quello nemmeno si gira, è troppo occupato a bere. Il nuovo arrivato, anche lui vestito come in Quei bravi ragazzi, scivola silenzioso dietro a quello al bancone e gli spara un pugno nelle costole, con tutte e due le mani. L'altro si gira e in una frazione di secondo tira fuori questa canna dalla fondina che aveva all'interno della giacca sportiva e gliela punta proprio sotto il mento. E gli dice: «Oh Johnny! Non avresti dovuto farlo. Qualcuno potrebbe farsi male
».
Il secondo ragazzo ride nervosamente e si siede accanto all'amico, ordina un drink.
I miei occhi sono grandi come due pomodori maturi. «Cristo Santo!».
Nel frattempo il mio vecchio mi raggiunge con la nostra prima pizza. Che profumo meraviglioso! Andiamo verso la macchina, e io la porto tra le mani e penso, dio!, questa pizza ha un odore sublime.
(traduzione di Valerio Fusi)
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