L orenzo Fazio, direttore editoriale di Chiarelettere, la vostra collana di fiction «Narrazioni» è al centro dell'attenzione. Ma vende?
«I risultati sono soddisfacenti. I Buoni di Luca Rastello, che ha anche avuto ottime recensioni letterarie, è sulle 11mila copie. La figlia del Papa di Dario Fo, uscito a metà aprile, sulle 16 mila. De Il direttore di Luigi Bisignani posso dirle solo la tiratura, perché è appena arrivato in libreria: 25mila copie».
Quali sono i prossimi titoli?
«I prossimi titoli sono Per favore non dite niente di Marco Ciriello, un romanzo che re-inventa la storia di Cesare Prandelli, un uomo diviso tra calcio e vita privata. Contrada Armacà di Gianfranco Turano tratta invece di 'ndrangheta. Per avvicinarsi alla verità in chiave fiction».
«Verità in chiave fiction» suona un po' ambiguo, non crede?
«L'ambiguità c'è. Ne sono consapevole. È una cosa a cui abbiamo pensato e sulla quale ci interroghiamo ancora. Prevale però la volontà di trattare gli argomenti che ci caratterizzano anche con le tecniche della narrativa. Vogliamo raggiungere un pubblico più ampio, magari, perché non dirlo, anche quello femminile. Siamo in cerca di nuovi linguaggi, senza snaturare la nostra identità. Alla denuncia vogliamo aggiungere il racconto».
La corsa all'identificazione del personaggio «reale» dietro a quello di finzione non danneggia i romanzi? Penso a I Buoni di Rastello, un libro universale, preso in esame solo per la somiglianza di uno dei protagonisti con Don Ciotti.
«Non è un libro su Don Ciotti ma sulle nostre contraddizioni, che diventano ancora più esplosive se ci identifichiamo, se ci mettiamo dalla parte, nei panni, dei buoni. Abbiamo affrontato un problema scivoloso e contraddittorio. Non credo che una inchiesta sulle Onlus in questo caso avrebbe avuto senso: Rastello va molto oltre la cronaca».
Taglio da inchiesta, tecnica da fiction: non è un modo di lanciare accuse senza assumersi l'onere della prova? Voi comunque potete rispondere che è solo narrativa: comodo.
«Questa è una critica che potrebbe reggere solo se non stessimo parlando di Chiarelettere. Noi abbiamo fatto decine di libri con nomi e cognomi, assumendoci le nostre responsabilità senza timori. Da sempre denunciamo apertamente e continuiamo a farlo anche in questo momento, con saggi e inchieste che certo non si nascondono dietro a un dito».
Dal libro di Bisignani esce male la magistratura, l'uso delle intercettazioni, la contiguità tra tribunali e quotidiani. Non è in linea col vostro catalogo «giacobino».
«Il nostro catalogo è molto più vario di quello che si crede. Abbiamo fatto libri con le intercettazioni e le sentenze, è vero. Ma abbiamo fatto anche libri critici con la magistratura, e ne faremo altri.
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