Pittori o sciamani? Quando i russi si innamorarono dell'Oriente

da Firenze

Il 22enne Nikolaj - il futuro zar Nicola II - nel 1890 compì un Gran Tour fuori dall'ordinario: partenza da Trieste e poi rotta sino al Siam con ritorno, via terra, a San Pietroburgo. Durante il percorso inaugurò il punto d'arrivo della transiberiana. Furono 10 mesi che cambiarono anche la storia dell'arte, perché è dei tesori di questo Gran Tour d'Oriente che si nutrì l'Avanguardia Russa. Al suo ritorno Nicolaj organizzò infatti al Palazzo d'Inverno una grande mostra e da allora in Russia collezionare statuette votive, stampe cinesi, calligrafie giapponesi divenne di moda. Senza quel misto di attrazione e paura per l'esotico non avremmo avuto molte delle opere di Vassilij Kandinskij, di Kazimir Malevic, di Pavel Filonov, di Natal'ja Goncarova.
I “nuovi barbari” dell'Avanguardia russa non sarebbero entrati in modo così dirompente nei salotti europei se non avessero saputo guardare anche Est: è la tesi della mostra allestita a Palazzo Strozzi, a Firenze (Avanguardia russa. La Siberia e l'Oriente, fino al 19 gennaio, catalogo Skira), 130 opere che illustrano la complessa relazione tra Russia e Oriente. E così, entrando in mostra, nella prima sala ci imbattiamo in un'imponente “kamennye baby” (femmina di pietra), scultura diffusa nelle steppe in epoca megalitica, circondata dai tre dipinti più significativi esposti, quasi fossero da lei generati: Macchia nera di Kandinskij, Cerchio Nero di Malevic, Il vuoto della Goncarova. Gli artisti russi dimostrano di appartenere davvero all'Asia quando riversano su tela - ora con l'astrazione lirica di Kandinskij, ora con il modernismo di Malevic - i colori della tundra, gli spazi che la mente fatica a comprendere. Le 11 sezioni della mostra, curata con rigore da John Bowlt con Nicoletta Misler e Evgenia Petrova, mettono a confronto le opere degli avanguardisti russi con i manufatti antichi da cui trassero ispirazione: la tela circolare Composizione 217 di Kandiskij, campione di un'arte che è quasi una religione, è accostata al tamburo di uno sciamano, la Venere di Matiušin ai legni apotropaici trovati nella tundra, il Ritratto di signora di Il'ja Maškov (immagine-emblema della mostra) alle decorazioni iraniane. La Russia dei primi anni del '900 trasuda d'Oriente. Lo stesso zar inaugura, nel 1913, il primo tempio buddista dell'impero. Cinque anni dopo arriva la Rivoluzione d'Ottobre, e tutto cambia. Il tempio sarà trasformato in uno spazio dove vivisezionare gli animali.

Il Ritratto di sciamano di Coros-Gurkin, ucciso perché solidale con le popolazioni siberiane, è stato sepolto per decenni nei fondi del Museo Etnografico di Mosca: lo possiamo ammirare a Firenze finalmente restaurato.

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