Scrittori in vacanza, parte prima. Ecco dove andavano a riposare grandi nomi del passato, da D’Annunzio a Genet, da Proust a Hemingway. Passando per Calvino e Moravia. Domani la seconda puntata su scrittori e filosofi italiani in questi giorni indecisi: stare a casa o partire?
Io penso che le vacanze non facciano mai bene, soprattutto se al mare o in montagna, i luoghi dove una volta ti mandavano qualsiasi cosa avessi, con la motivazione dell’«aria salubre». Non hanno mai fatto bene soprattutto agli scrittori, in vacanza hanno sempre dato il peggio di se stessi. Nietzsche amava l’Engadina svizzera, insieme a Herman Hesse e Thomas Mann, a Wagner e Strauss, perfino Segantini e tante mezze seghe di intellettuali italiani, perché oltre al romancio in Engadina hanno sempre parlato il tedesco e l’italiano. Così qualcuno crede basti andare in Engadina per sentirsi uno Zarathustra, e i preposti al turismo locale si sono inventati una penisola di Nietzsche, le guide più kitsch vi suggeriscono di andarci per pensare i pensieri di Nietzsche. Ma mica L’anticristo o
La gaia scienza , che uno se li pensa comodamente a casa, piuttosto cose tipo: «Quanto deve essere felice colui che prova questa sensazione proprio qui, in quest’aria di ottobre costantemente soleggiata, in questo malizioso e giocondo gioco dei venti dall’alba fino a sera, in questa purissima chiarità e modesta freschezza... ». A me sarebbe già passata la voglia di metterci piede, in Engadina, se mai mi fosse venuta, e se Nietzsche scriveva simili minchiate, figuriamoci se ci mandate Vattimo o Marramao.
Hemingway è un altro che ve lo ritrovate ovunque, guarda caso non l’ho mai potuto sopportare, anche prima de Il vecchio e il mare , non sono mai riuscito a finire un suo romanzo. Continuo a pensare sia un sopravvalutato, nonostanteilsuicidio, peraltro tardivo: troppa vita, troppo poco pensiero. È uno dei motivi principali per cui non andrò mai a Cuba, a parte che mi basta già l’idea di Cuba per non volerci andare: mi vengono in mente solo cose orribili come Castro, Jovanotti, Gianni Minà e, appunto, Hemingway. Se dovessi andare in vacanza da qualche parte, andrei dove non è stato Hemingway, ragione per cui forse non vado mai in vacanza.
Ma è altrettanto vano partire per Cabourg, in Normandia, per ritrovare l’essenza del mio amato Proust, perché la Recherche è tutta nella Recherche , come L’infinito di Leopardi non è lì davanti alla siepe di Recanati, altra meta turistica dove vedi gente imbambolata che ha seguito i cartelli «siepe dell’Infinito », sperando di vedere chissà cosa. Tuttavia la suggestione di rivedere nel Grand Hotel di Cabourg il Grand Hotel di Balbec è fortissima, e come in Engadina c’è la penisola Nietzsche, qui non poteva mancare una «Promenade Marcel Proust», con ombrelloni e cabine stile fin de siècle . Le guide dicono che lì «Proust è nell’aria», e quindi respirate più che potete, l’aria è inclusanelprezzo, le madeleines si pagano. Se volete sperimentare il massimo della suggestione sappiate che la camera di Proust è al quarto piano, la 414, ed è prenotabile. Se non la trovate potete prendere quelle accanto, della mamma e della nonna. Se non trovate neppure quelle siete proprio sfigati,forse potete prenotare la stanza 43 dell’Hotel Roma di Torino, dove si è suicidato Pavese, o forse vi meritate di peggio, come le vacanze in quei posti tristi del club moraviano, tipo a Sabaudia, dove andavano Alberto Moravia, Enzo Siciliano e Pier Paolo Pasolini. Pure Calvino, ma poi preferì Roccamare, vicino a Castiglione della Pescaia, dove c’è la tomba, bellissima, appartata, essenziale, una colata di cemento con nome, cognome, data di nascita e di morte e fine.
A Castiglione della Pescaia, oltre a Calvino morto,c’è pure Pietro Citati vivo, nel caso vi interessasse, io me lo sono ritrovato più volte in pizzeriapurcambiandoognivoltapizzeria, una persecuzione. A Castiglioncello, invece, c’è Gillo Dorfles, centodue anni e più fresco di un ragazzino per cui magari Castiglioncello è un posto da studiare, vai a sapere che non faccia bene. Ma per come la si rigiri farsi vedere al mare è lesivo all’immagine:io trovo ridicola perfino la foto di D’Annunzio a Francavilla al Mare, pur avvolto in un sudario e atteggiato come un Lazzaro risorto, non so, sarà una posa decadente, a me sembra un imbecille che si è appena fatto il bagno, la mamma l’ha avvolto nell’asciugamano e sta per infilargli un Calippo in bocca per farlo stare zitto.
A Sabaudia, comunque, il peggio.
Moravia passeggiava nell’acqua e andava a telline «che apriva con infallibili colpi d’unghia e succhiava », racconta Siciliano, io credo che dovesse essere uno schifo a vedersi e a sentirsi, come in generale quelle estati degli intellettuali in vacanza che puzzano di pesce dalla testa, la loro. Infatti dopo aver succhiato le telline Moravia annunciava: «Vado a comperare un bel pescione », e tornava col pescione che poi Dacia cucinava. Circondati da pesci grandi e pesci piccoli della letteratura, nel via-vai estivo finiva pure tutto il maledettismo frocio dalle stalle alle stelle, da Dario Bellezza a Jean Genet, addirittura.
Così ti cade anche il mito di Genet: uno se lo immaginava perennemente in carcere, come in Nostra Signora dei Fiori , o come te lo racconta Daria Galateria, e invece è andato a Sabaudia con Moravia, Pasolini, la Maraini e Bellezza al mare? Certe cadute di stile non si perdonano a nessuno, figuriamoci a uno scrittore. È come immaginarsi De Sade uscire dalla Bastiglia e andare a prendere il sole a Fregene in costume, e con la trippa di fuori.
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