Il Rinascimento? Il nostro miglior brand. Guido Beltramini motiva così la scelta di una mostra sull'intellettuale-simbolo del nostro Rinascimento: Pietro Bembo (Venezia, 20 maggio 1470 Roma, 18 gennaio 1547). «Bembo e l'invenzione del Rinascimento» s'intitola la mostra che fino al 19 maggio porta a Padova, a Palazzo del Monte di Pietà, i capolavori della collezione del letterato. I contemporanei, incantati dal suo gusto per gli oggetti antichi e moderni, chiamavano la dimora padovana del Bembo «la casa delle Muse». Il palazzo esiste ancora, in via Altinate, ma è la prima volta dalla morte del Bembo che manoscritti, suppellettili, dipinti (da Mantegna a Raffaello) sono di nuovo insieme. «Ci piaceva l'idea di fare una mostra su un letterato più che su un singolo oggetto», spiega Beltramini, direttore del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza e tra i curatori del progetto sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Un milione e mezzo l'investimento.
Di natali nobili, Bembo non volle seguire le orme paterne in politica, al soldo della Repubblica di Venezia. Dopo aver scritto Gli Asolani, dialogo sull'amore in volgare toscano, puntò alla corte di Urbino. E poi a Roma. Papa Leone X lo nomina segretario. Nel 1525 pubblica le Prose della volgar lingua, in pratica la prima grammatica italiana. Bembo è un gaudente e intreccia una liaison dangereuse con Lucrezia Borgia (tra i cimeli in mostra una ciocca di biondi capelli che la duchessa gli inviò) e con mille altre. «Questa mia sensualità», così chiama l'amore per il collezionismo (che assimilava a quello per le donne), non ostacola una profonda spiritualità. In tarda età sarà anche nominato cardinale. Amico di Raffaello a Tiziano, fu tra i primi a capire che il nuovo medium, la stampa, avrebbe cambiato il mondo e che, per affermarsi, avrebbe dovuto uscire dalle biblioteche ed entrare nelle nostre vite: sostenne subito, infatti, i libri portatili, da passeggio.
Di questo italiano straordinario e della sua capacità inventiva parla la mostra padovana, anche grazie a opere come il doppio Ritratto di Andrea Navagero e Agostino Beazzano di Raffaello, il Giovane uomo di Giorgione e, dalla National Gallery of Art di Washington, il ritratto del Bembo firmato dal Tiziano nel 1539.
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