Cultura e Spettacoli

Scalfari e Saviano. Ecco le biografie non autorizzate (chissà che rabbia)

In libreria i "profili d'autore" di due intellettuali da prima pagina, uno scrittore-televisivo Pop à penser, e un editorialista-filosofico Pap à penser

Scalfari e Saviano. Ecco le biografie non autorizzate (chissà che rabbia)

La grandezza di un intellettuale si misura (anche) dalla qualità delle biografie, di solito. Maggiore l'autorevolezza del biografo, più alto - nelle sue luci e nella sue ombre - il profilo che ne risulta del biografato. A meno che siano biografie non autorizzate. Di solito più interessanti di quelle celebrative.

Comunque, due intellettuali italiani che di certo eviterebbero che la propria vita fosse raccontata da altri, preferendo una versione più personale, ci sono Eugenio Scalfari e Roberto Saviano. Celebri, bravissimi, narcisi. Ma la fama ha un prezzo, e anche il mercato editoriale a dire la verità. E così, ecco arrivare in libreria i «profili d'autore» di due intellettuali da prima pagina, uno scrittore-televisivo Pop à penser, e un editorialista-filosofico Pap à penser. Scopriremo cose nuove?

Francesco Bucci, già autore di un pamphlet impietoso che svelava i plagi di Umberto Galimberti e i guasti di un'industria culturale più attenta agli interessi di bottega che alla qualità dei prodotti, pubblica ora Eugenio Scalfari. L'intellettuale dilettante (Società editrice Dante Alighieri) in cui in effetti il neo beato Fondatore della Repubblica, le cui opere filosofiche, da Incontro con Io (1994) a Scuote l'anima mia Eros (2011), sono radiografate criticamente e cinicamente, ne esce, come si dice a pezzi: contraddizioni, banalità, strafalcioni, errori. Come disse Giulio Ferroni intervistato dal Fatto quotidiano quando si seppe che Mondadori gli avrebbe dedicato un Meridano, «Scalfari è un grande giornalista, ma quale Scalfari verrà meridianizzato? Gli articoli o le opere di memorialistica possono andare, ma il resto... Non mi faccia dire cose crudeli». Ecco, il libro di Bucci dice quelle cose lì.

Michele Monina, infaticabile e prolifico poligrafo, invece esce con Ricomincio da Zero zero zero, sottotitolo «Roberto Saviano, una biografia» (Barbera), di fatto - nonostante la seconda di copertina parli di «luci e ombre dello scrittore più amato e odiato d'Italia» - è una apologia per sette capitoli su otto, se non che il penultimo ricorda gli attacchi allo scrittore: di Pasquale Squittieri, del capo della Squadra Mobile di Napoli, dei leghisti, della sua editrice Marina Berlusconi, della nipote di Benedetto Croce, del giornalista di Liberazione Paolo Persichetti, oltre che le accuse di plagio (gli articoli dei cronisti locali messi dentro Gomorra e le inchieste usate senza essere citate nel programma tv con Fabio Fazio).

E per gli aggiornamenti segnaliamo la stroncatura di Aldo Grasso all'ultima comparsata tv, a Presa diretta, su Rai3.

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