Lo scrittore ex francescano alle prese con l'eroe dei motoriLa stranissima coppia

M arco Simoncelli non ha bisogno di presentazioni. È stato un amatissimo motociclista, campione del mondo della classe 250 nel 2008. Spontaneo, divertente, giovane. Ribatezzato Supersic dai fan, Marco, nato a Cattolica nel 1987, ha trovato la morte in pista. Chi non ricorda il drammatico incidente avvenuto il 23 ottobre 2011 sulla pista di Sepang in Malesia?
La breve vita di Supersic ora diventa una atipica biografia firmata da Emanuele Tonon, una delle voci più originali della nostra letteratura. Esce infatti la settimana prossima I circuiti celesti (66thand2nd, pagg. 100, euro 15). Un esperimento inconsueto per l'editoria italiana: affidare a un autore noto per il suo lirismo una storia di sport, fatta di motori, sudore, vittore e sconfitte. Emanuele Tonon, nato a Napoli nel 1970, è stato frate francescano, operaio e non ha mai smesso di studiare teologia. Nel 2009 ha pubblicato Il nemico (Isbn) con grande successo di critica; nel 2011 è uscito, sempre per Isbn, La luce prima, altro successo di critica.
La breve vita e la carriera di Simoncelli sono l'esplosione incontrollabile dell'energia adolescenziale, la capacità quasi sciamanica di padroneggiare in solitudine la potenza delle emozioni, la dedizione al sogno pronta a spingersi fino al sacrificio di sé. L'esistenza di Supersic dunque ci interroga: cosa siamo disposti a rischiare per essere noi stessi? Simoncelli ha offerto la vita stessa: non ha fatto in tempo a vincere molto eppure è come se avesse vinto tutto. Per questo, è entrato nei cuori ed entrerà nella leggenda. Scrive Tonon: «Quello spettacolo verticale che sono le corse in moto, dove un corpo agganciato al metallo attraversa l'aria a velocità inimmaginabili, dove un corpo è esposto alla morte continuamente, quello spettacolo, quel gioco regolato ci permette di tornare alla vita dopo aver imparato a vivere».
Quello di Tonon è uno sguardo diverso sullo sport e sul gioco. Il gioco non è solo cosa da bambini, il gioco «è un'infanzia che cresce, una palestra durissima e meravigliosa, una mistica.

Nel gioco siamo abitati prima di abitare, nel gioco si rintraccia la storia dell'uomo, la fatica dell'uomo, gli spiriti che abbiamo dentro, e quella luce che è ebbrezza, quella luce che è vertigine, che è vetta dalla quale guardare il mondo a occhi chiusi, un'altezza da abitare e dalla quale bisogna scendere affrontando il vuoto».RedCult