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Il segreto per ricostruire l'Europa: riscoprire il meglio della tradizione politica

Nel saggio Delle cose nuove Federico Iadicicco parla della necessità di ricostruire la politica partendo dai presupposti di lavoro, famiglia e partecipazione

Il segreto per ricostruire l'Europa: riscoprire il meglio della tradizione politica

Le contrapposizioni ideologichhe semplici, adatte al basso livello attuale dei mass-media, sono sempre strumentali e spesso inesatte, e questo vale anche per la dialettica politica tra sovranismo e globalismo. Totalmente artefatta per l’Italia, nazione plurale e strapaesana al contempo, ma anche per la stessa Europa. Parliamo di uno schema che nasce dalla confluenza di una visione del mondo di stampo anglosassone, americana in particolare, sulla nostra politica e testimonia la debolezza delle categorie interpretative del presente.

Come uscire da questa dicotomia? Scoprendo grazie ai riferimenti del passato le "cose nuove" del mondo. In questo caso legate a un superamento della dicotomia tra sovranisti e globalisti che ha guidato per anni la narrazione continentale. Il "mondo nuovo" è quello plasmato dalla quadrupla crisi che attanaglia l'Europa: la pandemia di Covid-19 e i suoi strascichi; la fragilità della posizione energetica del Vecchio Continente; la subordinazione geopolitica del Vecchio Continente; il grande caos della crisi climatica. Capaci, nel loro combinato disposto, di spingere verso il basso gli indicatori dello sviluppo economico e sociale dell'Europa. A cui si può rispondere solo riscoprendo il meglio della tradizione politica dell'Europa. La quale ha la necessità di pensare autonomamente, rifiutando ogni egoismo semplicista, il suo futuro politico ma non deve più sciogliersi, come in passato, in amorosi sensi con una globalizzazione liberista a sua volta costruita in laboratori politici ed economici anglosassoni.

Di questo parla Federico Iadicicco nel saggio Delle cose nuove: oltre il sovranismo e il globalismo (Historica Edizioni). Un saggio che si ispira nel titolo alla traduzione dal latino di Rerum Novarum, l’enciclica papale che centrotrenta anni fa inaugurò la moderna dottrina sociale della Chiesa cattolica, offrendo al mondo di allora una chiara alternativa alla dicotomia tra liberalcapitalismo e collettivismo socialista che dominava il dibattito pubblico del tempo. Una "terza via" che segnò poi, declinata nelle varie versioni, lo stimolo al più bello e profondo momento di sviluppo dell'Europa: la fase dei "Trenta Gloriosi" (1945-1975) plasmati dalla dialettica tra ideologica cattolico-popolare e socialista, in nnomme del compromesso keynesiano, in diverse versioni dall'ordocapitalismo tedesco al modello a economia mista italiano. Artefici di trasformazioni dell'ordine capitialista capaci di valorizzare, in un contesto di dialogo tra Stato (nella funzione ora di investitore ora di regolatore) e mercato, corpi intermedi e principio di sussidiarietà.

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L’enciclica di Leone XIII pose le fondamenta di un pensiero sociale destinato a segnare il secolo successivo lasciando tracce profonde, a partire dalla nostra Costituzione e capace di affermare la necessità di un ruolo positivo della politica. Una politica capace di tradursi nel "realizzare", come amava dire Alcide De Gasperi. E per Iadicicco in grado di essere il faro per una ricostruzione materiale, umana e valoriale dell'Italia e dell'Europa nella tempesta dell'ordine economico europeo partendo da tre presupposti: lavoro, famiglia e partecipazione. Tre elementi svuotati di senso nell'attuale sistema finanz-capitialista.

Iadicicco richiama a scoprire l'attualità del meglio della traduzione culturale e ideale della politica e della spiritualità europea. Sul fronte del lavoro, la funzione sociale è esalatata dalla rilettura in senso moderno della Regola di San Benedetto da Norcia: "il lavoro come vocazione, realizzazione profonda di sé attraverso la relazione con gli altri e il dono agli altri, il profitto e il consumo come due delle variabili comunque subalterne e consequenziali all’opportunità che abbiamo di impegnarci per accrescere il bene comune".

Sul campo della famiglia, l'obiettivo di ogni Stato dovrebbe essere, a suo avviso, la difesa di questa come principale locus naturae in cui l'uomo come parte del sistema sociale si sviluppa e si valorizza. Una società umanocentrica è una società che valorizza e facilita lo sviluppo delle famiglie e evita la tendenza del sistema consumistico a "trasformare l’uomo, privato di ogni sua dimensione identitaria, nell’individuo solo, alienato, consumatore e suddito perfetto". Secondo Iadicicco per evitare ciò serve un nuovo patto Stato-famiglia: lo Stato deve impegnarsi a mettere la famiglia al centro del sistema di welfare sostenendola affinché essa sostenga la nazione e d'altro canto i cittadini devono riappropriarsi della responsabilità di fare e difendere la famiglia.

Infine, in materia di partecipazione va rotta la tendenza di sovranisti e globalisti a pensare strumentalmente popoli, nazioni e entità collettive e vanno ricostruiti i corpi intermedi per riaffermare la democrazia oltre gli slogan e i tribuni, senza del resto temere la tecnica per poterla meglio governare: in queste ultime fasi storiche la "cessione di sovranità nazionale, anziché prevedere una crescita della sovranità popolare, ha rafforzato potentati economico-finanziari e centri decisionali tecnocratici: un grosso malinteso di cui l’attuale Unione Europea è uno dei principali esempi".

Parlando con IlGiornale.it Iadicicco ha sottolineato che "senza una buona politica ogni società muore" ed è proprio questo il rischio che si pone per l'Europa e l'Italia attuali. Ricostruibile con la ripartenza della classe dirigente e della cultura politica: l’Europa della fine del Novecento e degli inizi degli Anni Duemila declina perché non sa conoscere se stessa, i suoi limiti, la sua direzione della storia e non produce più uomini, leader e statisti capaci di guardare alla radici di una cultura millenaria.

Sovranismo e globalismo sono le foglie di fico con cui si è mascherato un ridimensionamento dell'orizzonte valoriale della politica del Vecchio Continente, in passato panorama culturale e ideologico che ha prodotto tutte le forze capaci di irradiarsi nel pianeta come strumenti di mobilitazione politica, dal liberalismo al socialismo, una visione valoriale di ampio respiro e un mosaico di figure che andrebbero riscoperte. Da Karl Marx a Giacomo Leopardi, da San Tommaso a Jacques Maritain, da Adam Smith a Carl Schmitt, dal cardinale Richelieu e Nicolò Machiavelli a Max Weber, ogni spettro ideologico è coperto. Dalla filosofia alla teologia, dalle dottrine dello Stato all’economia, la politica è emersa come fattore mobilitante attraverso una rosa di pensieri e culture in larga parte eterogenea, mosaico di una diversità intrinseca che è stata la faglia dell’Europa, continente lacerato da lotte e conflitti, ma anche la fonte della sua vivacità culturale, della sua proiezione globale. Oggi da difendere nel grande caos globale mantenendo nel Vecchio Continente e nel nostro Paese la libertà di espressione e i diritti fondamentali, la cui tutela in funzione dello sviluppo sarà in futuro una delle "cose nuove" da difendere a tutti i costi.

Uno dei presupposti, in sostanza, per cui varrà la pena combattere per distinguersi dall'ascesa delle autocrazie e dal nichilismo del liberalcapitalismo globalista e della vana rivolta sovranista.

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