Ritorna in libreria Friedrich von Hayek, Liberalismo (prefazione di Lorenzo Infantino, Rubbettino, pagg. 72, euro 9,00) mirabile sintesi del pensiero liberale scritta nel 1973 appositamente per l'Enciclopedia del Novecento pubblicata dall'Istituto Treccani e ora riproposta in un volume a se stante. Hayek, nato a Vienna nel 1899 e morto a Friburgo nel 1992, esponente di spicco di quella Scuola Austriaca che annoverò alcuni tra i maggiori economisti del tempo (Carl Menger, Eugen von Böhm-Bawer, Ludwig Mises e Friedrich Wieser, per citare i più noti), premio Nobel per l'economia nel 1974 e docente in molte università europee e americane - Vienna, Londra, Chicago, Friburgo -, è oggi considerato il più grande pensatore liberale del Novecento.
È noto che suoi contributi scientifici hanno spaziato dall'economia alla filosofia politica, dalla teoria della conoscenza alla psicologia teoretica, dal diritto alla storiografia, per cui egli fu molto di più di un economista. In Liberalismo affronta i grandi problemi inerenti alla dottrina liberale, a cominciare dalla necessaria distinzione fra lo stesso liberalismo e la democrazia. Se la democrazia è centrata sulla domanda: «chi ha diritto di comandare»?, il liberalismo si pone l'altro quesito: «come limitare il potere di chi comanda»? Queste due domande hanno avuto varie risposte, tutte parziali, e soltanto quando si sono unite, mettendo insieme il modo e il soggetto, il come e il chi, hanno dato vita alla liberal-democrazia, che costituisce oggi la soluzione storicamente più avanzata della convivenza umana. Tuttavia, sottolinea Hayek, la democrazia non è garanzia assoluta di libertà. Per il liberalismo la libertà è l'insieme delle leggi, delle norme e dei valori e perciò questo insieme vive di per sé: è, come egli scrive, «il governo della legge». Per la democrazia il soggetto della libertà è il popolo stesso, per cui leggi, norme e valori vivono in quanto sua diretta emanazione: abbiamo così «il governo degli uomini». Ne deriva che nella prospettiva liberale una norma, una legge o un valore sono giusti in sé e per sé, nella prospettiva democratica sono giusti se hanno il consenso popolare. In altri termini, la democrazia non sfugge a un possibile esito demagogico; può essere infatti genitrice del totalitarismo. Basti pensare, e questo lo aggiungiamo noi, all'affermazione elettorale di Hitler del 1932, prologo decisivo per l'avvento del nazismo in Germania.
Un'altra questione fondamentale esaminata da Hayek è rappresentata dalla distinzione fra il liberalismo e il liberismo, questione, a suo giudizio, insussistente. Se per liberismo si intende la piena libertà economica di disporre dei propri beni accettando le regole del libero mercato, allora è evidente che il liberalismo è comprensivo del liberismo, essendo quest'ultimo un'espressione necessaria della libertà dell'individuo quanto la libertà di stampa, di parola, di associazione. Hayek vede nel mercato il mezzo in grado di fondare e di mantenere questa libertà: insomma, la libertà e il mercato sono inscindibili. Con il suo ordine concorrenziale è possibile generare e raccogliere una quota di conoscenza e di ricchezza più grande di quella che potrebbe essere ottenuta e utilizzata da qualsiasi economia centralizzata. Attraverso il libero gioco della domanda e dell'offerta si può ampliare a dismisura tutta la vita economica perché la logica mercantile permette un adattamento continuo ai mutamenti che avvengono nelle diverse circostanze di tempo e di luogo.
Il mercato esprime un libero processo di combinazioni, dove i singoli individui contribuiscono a conseguire un ordine spontaneo senza che essi l'abbiano intenzionalmente perseguito. Questa spontaneità è in piena sintonia con la complessità dei fenomeni legati all'agire umano, i cui effetti inintenzionali sfuggono comunque a qualunque volontà esaustiva di controllo e di direzione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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