In origine, i termini yin e yang non indicavano il maschile e il femminile, ma il lato soleggiato e quello freddo, umido e in ombra di una collina; etimologia che pare fatta apposta per mappare la specifica ricerca dell'avventura di Filippo Tuena, del quale è nota l'ossessione per il ghiaccio, dalla manciata di cubetti che raffreddano il gin del «martini» - passione alcolica che ha prodotto almeno un correlativo oggettivo nelle librerie, essendo Tuena direttore di collana presso la casa editrice Nutrimenti - a quello, più vasto e diversamente omicida, che ha avvolto in passato gli esploratori antartici; a partire da Scott, del quale Tuena ha ricostruito la vicenda nell'Ultimo parallelo. Il lato in ombra di una collina: come a dire che Tuena, vitalista «educato», racconta episodi di coraggio che però vengono filtrati da una lente riflessiva, umbratile, anche se il soggetto della narrazione riguarda artisti (come Michelangelo) alle prese con le pulsioni più incendiarie. Che tale capacità di distacco discenda dal padre antiquario, cioè da una figura per forza di cose anti-nicciana, è domanda alla quale si può rispondere affermativamente; intanto, proprio al padre sono dedicate alcune delle pagine più belle di Quanto lunghi i tuoi secoli. Antologia personale (Armando Dadò editore, pagg. 277), volume curato dall'associazione Pro-Grigioni Italiano che con la pubblicazione ha voluto festeggiare un autore la cui famiglia ha origini elvetiche.
L'antologia raccoglie alcune delle prefazioni più belle di Tuena, versi non ignobili, pagine di teatro; e permette di accedere ai temi ricorrenti dello scrittore, dalle esplorazioni antartiche al jazz. Tutto, gravita attorno all'autobiografia: l'antologia è «personale» non solo perché risale verso un passato remoto, ma anche perché si proietta nel futuro, come rivela la lettera al figlio Cosimo: «Ti accorgerai col tempo che proprio il portamento, proprio gli atteggiamenti, i tic, dimostreranno la tua fragilità.
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