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Il verso giusto Versi aurei Gérard de Nerval, purezza impura


di Nicola Crocetti


Libero pensatore, uomo! - solo ti credi
Pensante in un mondo ove la vita esplode in tutto:
La libertà dispone d'ogni tua forza, eppure
Dalle tue decisioni è assente l'universo.
Nella bestia rispetta lo spirito che agisce...
È un'anima, ogni fiore, sbocciata alla Natura;
Un mistero d'amore nel metallo riposa:
È sensibile tutto; - Tutto su te ha potere!
Nel muro cieco temi lo sguardo che ti spia:
Persino la materia si congiunge col verbo...
Fa' in modo che non serva mai a qualche
\[empio uso.
Spesso abita nell'essere oscuro un Dio nascosto;
E come occhio nascente coperto dalle palpebre,
S'accresce un puro spirito sotto scorza di pietre.

(Traduzione di Roberto Rossi Precerutti)


Esponente di un romanticismo onirico e visionario, Gérard de Nerval nasce nel 1808 a Parigi da una famiglia modesta, i Labrunie. Per riscattare le umili origini, s'inventa ascendenze aristocratiche e cavalleresche risalenti al Medioevo, in un mondo immaginario di castelli e città turrite illuminate dalla gaia scienza d'amore. Questo sogno genealogico, comune a molti scrittori, non è solo un tentativo di emancipazione sociale, quanto l'ostinata rivendicazione di una cultura e di una bellezza perdute, quasi la cifra simbolica di un destino. Ingegno precoce, a 17 anni traduce in modo prodigioso il
Faust di Goethe, il che gli vale gli elogi dello stesso poeta e gli apre le porte dei circoli letterari parigini. Nel 1833 si innamora di Jenny Colon, attrice dal passato turbolento, con la quale vive due anni di passione e di viaggi grazie a una cospicua eredità ricevuta. Per la gloria di Jenny fonda una lussuosa rivista teatrale. Dilapidato il patrimonio, perde anche l'amore della donna, che sposa un altro.
La delusione gli causa una depressione profonda. La sua psiche vacilla, la realtà diventa per lui una terra d'esilio. Vive nel paese delle chimere e delle allucinazioni. Per tentare di ristabilirsi, nel 1843 fa un viaggio in Oriente, da cui torna risanato. In preda a una frenesia creativa, scrive e traduce, pubblica articoli, novelle, poesie, saggi, pièce teatrali, fa altri viaggi. Nel 1851 le sue condizioni mentali si aggravano.

È la discesa agli inferi della follia, da cui tenta invano di uscire curandosi col farmaco della parola. «Lavoro e soffro», scrive. Heine definisce la sua scrittura di «una purezza soave, inimitabile», dolce come la sua anima. Una mattina di gennaio del 1855 lo trovano impiccato a un cancello della vecchia Parigi.

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