da Trieste
«Quando sei in missione ti abitui al richiamo alla preghiera del muezzin, agli odori forti del bazar e ai villaggi più sperduti della provincia di Herat. Poi torni a casa e tutte queste emozioni ti mancano». Lo spiega con genuina sincerità il capitano Beatrice Micovilovich, ufficiale delle riserva selezionata reduce dallAfghanistan. Quarantanni, divisa impeccabile, capelli neri raccolti, occhi scuri e truccati, nella vita civile fa larchitetto al Comune di Trieste. Ogni tanto indossa la mimetica e parte per tre o quattro mesi mettendo la sua esperienza professionale al servizio dei nostri contingenti allestero. A Herat ha progettato il nuovo carcere femminile, al posto di una struttura fatiscente e pericolosa. A Nassirya ha lavorato col Cimic, unità di cooperazione civile e militare che si occupa di ricostruzione.
Il capitano Beatrice fa parte dei 260 ufficiali della riserva selezionata, che si sono riuniti fra ieri e oggi a Trieste. Ingegneri, giornalisti, agronomi, architetti, medici, con anni di esperienza lavorativa alle spalle nel mondo civile, che hanno deciso di portare le stellette part time. Oltre agli specialisti della riserva selezionata cè un bacino di 7000 ufficiali di complemento, che possono venire richiamati.
Larchitetto Micovilovich è partita la prima volta per lIrak nel 2005 e alla fine dello scorso anno era in Afghanistan. Lanziano di un villaggio pashtun le ha dato il permesso di incontrarsi, da sola, con le donne. «Unesperienza indimenticabile. Ho scoperto che le afghane si truccano, amano lhennè sulle braccia e usano lo smalto racconta Beatrice . A tutti i costi hanno voluto che mi sciogliessi i capelli per vedere comerano». Quando si trovava a Herat una colonna è stata colpita da un attentato. «Ogni tanto scoppia qualche bomba, ma la situazione non è così grave sottolinea il capitano . Assieme al tenente che comandava la colonna colpita, due giorni dopo eravamo di nuovo in missione». Ogni mese arrivano 50 domande per arruolarsi nella riserva e molti non vedono lora di partire nonostante i pericoli: nella strage di Nassirya è caduto il tenente Massimo Ficuciello, ufficiale della riserva che aveva temporaneamente lasciato la carriera in banca.
Altri sono pronti a partire. Come il tenente Demis Ermacora, friulano di 32 anni, rampollo di una famiglia che ha dato il nome a un vino di qualità: «Sono impegnato nel volontariato - racconta - e avrei sempre voluto indossare la divisa per partecipare a una missione di pace». Il prossimo anno arriverà il suo turno, come esperto agronomo con luniforme. Da Tibnin, una delle nostre basi nel Libano meridionale, giunge forte e chiara la voce del tenente Daniela Bracco, partita agli inizi di maggio con il 185° reggimento paracadutisti. A Roma ha lasciato per tre mesi lambito posto di capo ufficio stampa del ministro Padoa-Schioppa. «Come giornalista è unesperienza unica poter vedere gli avvenimenti dal di dentro e come donna non manca la curiosità», spiega lufficiale assegnata alla cellula di pubblica informazione del contingente italiano dellUnifil. I suoi antenati sono entrati con i bersaglieri dalla breccia di Porta Pia e ora gira per le scuole «a insegnare ai bambini come evitare il rischio delle mine».
Il capitano Giovanni Fogliati ha 50 anni, ma non li dimostra. Dopo aver fatto il militare di leva nella Folgore si è laureato in medicina e lavora come ortopedico nellospedale piemontese di Susa. Fra i primi ad arruolarsi nella riserva selezionata, lhanno mandato in Bosnia e poi in Irak. Al Roll 2, lospedale da campo della nostra ex base di Camp Mittica, ha operato civili e militari. Allautista del generale Saad, il comandante delle unità irachene addestrate dal nostro contingente, ha salvato la gamba «semi amputata dai colpi di kalashnikov».
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