Dall’estrema destra alle manette, «Nicolone» casca su 100mila euro

Dall’estrema destra alle manette, «Nicolone» casca su 100mila euro

Due buste piene di banconote da 500 per un totale di 100mila euro consegnate a tavola. Da Berti, il ristorante con vista sui palazzi della Regione da sempre refugium peccatorum (oltre che ottimo desco per normalissimi commensali) di politici, imprenditori e trafficanti vari. Ma anche di giornalisti, bighellonanti tra la caccia a una notizia e un pranzo da scroccare all’assessore di turno. È lì che all’ora di pranzo si manifestava puntuale la corpulenta stazza di Franco Nicoli Cristiani, il vicepresidente del consiglio regionale a cui la procura di Brescia contesta una mazzetta per sistemare le faccende della cava di Cappella Cantoni nel cremonese. Sigaro sempre in bocca, juventino doc, intorno a lui sempre una discreta corte. Nonostante le sue preferenze da un picco di 17mila fossero scese nell’ultima tornata elettorale, quella del 2010, a 10.458. Un bel pacchetto personale per quello che è sempre stato considerato un signore delle tessere. Un uomo forte del partito, prima Forza Italia poi il Pdl. Soprattutto a Brescia dove «Nicolone» per gli amici è stato uno dei forzisti della prima ora e per sempre berlusconiano di provata fede. Mai disposto a rinunciare al culto del capo, nemmeno durante gli assalti dei magistrati a colpi di escort. Lui sempre in trincea. Vita dura in una Regione dove c’è da confrontarsi con formigoniani e ciellini. Ma lui è un duro. Fisico possente, voce roca, arriva dall’estrema destra dove giovanissimo militava negli ambienti della rivista «Riscossa». Sessantotto anni, nato a Breno, sposato e due figli, durante gli studi a Padova è uno dei leader della goliardia. E al bavero della giacca porta un piccolo stemma della Falange franchista. Imprenditore nel gas, a convincerlo a tornare in politica è nel 1994 la discesa in campo di Silvio Berlusconi. Nicoli fonda la sezione di Fi a Brescia, diventando uno dei leader dei «berluscones» a fianco del senatore Giampiero Beccaria. Coordinatore provinciale dal 1996 al 2000, eletto in consiglio regionale nel 1995, diventa assessore all’Ambiente fino al 2005. E quando nel 2001 l’Arpa è commissariata per un paio di mesi ne diventa commissario. Dal 2005 al 2010 è assessore al Commercio. Rieletto nuovamente l’anno scorso, diventa vicepresidente del consiglio regionale. Vicino a Claudio Scajola, lo scorso 10 novembre non ha però partecipato a una cena con l’ex ministro «perché - aveva spiegato - sono nato con Berlusconi e non faccio nulla che possa nuocergli». Chi gli è rimasto vicino, per l’arresto parla di tempistica sospetta. Non è un mistero che recentemente Nicoli avesse annunciato l’intenzione di indicare lui il coordinatore provinciale del Pdl bresciano, in contrasto con l’attuale coordinatrice Viviana Beccalossi.

Imperdibile su Youtube il filmato dove minaccia di prendere a sberle i giornalisti che volevano riprendere Nicole Minetti negli spazi del consiglio regionale.
Solo di routine le reazioni. Con i colleghi di partito che confidano «nel lavoro della magistratura» e gli altri che ne chiedono «immediate dimissioni». Quasi non ci fosse nulla di strano.

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