Dalle regate di Coppa America può partire il futuro di Genova e della Liguria

(...) ospitate da Valencia, la città cambia completamente volto. Nuovo sbocco al mare, alberghi completamente rinnovati, quartieri costruiti ex novo e un trionfo di urbanistica e di economia. Più che di Barberà, siamo nei dintorni del più pregiato dei baroli, anche perchè Rita poi ci ha preso gusto ed ha portato a Valencia anche il gran premio di formula uno, altra scelta che ha creato uno straordinario volano di sviluppo per la città spagnola.
Secondo fermo immagine: clamorosamente, nonostante Larry Ellison, il patron di Oracle, sia riuscito nel suo sogno di riportare negli Stati Uniti la Coppa America dopo anni di tentativi, la difesa del titolo con ogni probabilità non sarà in acque a stelle e strisce (che, nella circostanza, sarebbero state quelle di San Francisco). Per la patria dell’America’s cup, quella delle acque di Newport sulle quali iniziò l’avventura di Azzurra di Cino Ricci e di San Diego e delle notti magiche del Moro di Venezia di Raul Gardini, è una brutta botta. Ma, fin qui, sono fatti loro.
Il punto che ci interessa è che torna in ballo l’Europa e, fra le sedi papabili, oltre all’ormai classica Valencia e a fantasiose soluzioni in freddi oceani, c’è tanta Italia. In pole position c’è La Maddalena, già identificata come sede certa delle regate dal giornalista neozelandese Peter Montgomery che è una specie di santone dell’America’s cup. E poi si va dal tratto di mare davanti a Roma, fra Fiumicino e Ostia, sognato dai Mascalzoni latini di Vincenzo Onorato, primi sfidanti ufficiali di Oracle, che veleggiano sotto le insegne dello yacht club romano, fino a Trapani, che nel 2005 ospitò uno degli Act preliminari della Coppa, con grande successo organizzativo, e a Napoli, che nel 2007 contese fino all’ultimo il campo di regata a Valencia.
In tutto questo, salta all’occhio l’assoluta assenza della Liguria. Che, per una regione che ospita l’unico Nautico che non ha bisogno di altri aggettivi e soprattutto organizza tutte le più importanti regate italiane è comunque uno smacco.
Certo, resta la speranza nello Yacht Club Italiano di porticciolo Duca degli Abruzzi che, fino ad oggi, è stata la vera assicurazione sulla vita per la grande vela a Genova. Del resto, un presidente come Carlo Croce è una garanzia assoluta e, sulla Coppa America, parla la storia: lo Yacht Club di Genova è stato sfidante ufficiale prima con Italia e poi con Luna Rossa e pure l’altr’anno, nonostante Alinghi non corresse sotto le insegne della bandiera triangolare rossa con la croce bianca, ha scelto Genova e lo Yci come base. Prima della sfortunata trasferta a Dubai e delle battaglie legali su cui si è combattuta la battaglia preliminare fra catamarani.
Però, per l’appunto, si tratta della forza della storia dello Yacht Club Italiano e dei suoi presidenti. Non di un impegno istituzionale ligure. E, anzi, è clamorosa l’assenza dei nostri rappresentanti di Comune e Regione di fronte a un’avventura che potrebbe essere l’assicurazione sulla vita per il futuro di Genova.
Sul tema, non si batte più un colpo dai tempi della giunta regionale di Sandro Biasotti, che pure si mosse tardi, visto che la Liguria non aveva ancora terminato di compilare i moduli burocratici, che già l’edizione era stata assegnata. Ma, almeno, ai tempi di Biasotti ci fu l’idea, lo scatto, il colpo d’ala di tentare, grazie anche all’indimenticabile Nucci Novi, che - da velista doc e da vicepresidente della federazione internazionale - ci provò in ogni modo.
Eppure, pensate la forza turistica e immaginifica che avrebbe un progetto che coinvolgesse tutta la regione, da Ventimiglia a Sarzana, proponendo campi di regata che potrebbero comprendere Bordighera e Alassio, Genova e Portofino, Santa Margherita Ligure e le Cinque Terre, Portovenere e Lerici. Insomma, un sogno.


Ecco, per riprovare a volare alto, per pensare a un futuro diverso per Genova e la Liguria, che non sia fatto solo sulle ore di cassa integrazione da proporre agli operai, per sognare un nuovo modello di sviluppo, ci vorrebbe una Rita Barberà.
E ci vorrebbe una Nucci Novi. Che ci manca sempre più, non solo per questo, ma anche per questo.

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