Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
RomaLa doppia compravendita, il contratto d’affitto, i requisiti per la residenza nel Principato, la mancata prelazione d’acquisto da parte delle autorità monegasche. L’affaire immobiliare a Montecarlo, nel silenzio dei protagonisti, continua a sollevare interrogativi ai quali, prima o poi, Fini e i Tulliani potrebbero degnarsi di rispondere. Per ora si registra solo una tardiva smentita di Giancarlo Tulliani, che ieri attraverso i suoi legali ha negato che l’affitto nella casa monegasca sarebbe un «premio» per la sua opera di intermediazione. Il Corsera l’aveva scritto il 19 agosto, ripreso da molte testate, e l’aveva ribadito sabato scorso. In ritardo di parecchi giorni, arriva dunque la smentita.
Ma intanto, proprio sul «ruolo» del cognato, ieri ha posto qualche domanda un consulente d’affari italiano residente a Montecarlo da anni, Maurizio Valentini. Che ha scritto a Dagospia per rappresentare quelli che, a suo dire, sono i punti meno chiari della vendita di quella casa. Una lettera in otto punti, gli stessi dei «chiarimenti» forniti dal presidente della Camera, nei quali Valentini manifesta diverse perplessità. La prima riguarda l’ex partito di Fini, ossia An. Il consulente d’affari ricorda infatti che nel Principato «la tassa di successione per soggetti non discendenti è del 16%». E poiché Alleanza nazionale era “soggetto estraneo” ad Anna Maria Colleoni, pur con qualifica di erede universale, Valentini si domanda se «ha pagato la tassa di successione al governo monegasco» e «se sì, su quale valore». Domanda non oziosa, visto che, se in Italia i partiti sono esenti dalle tasse di successione, oltreconfine non accade la stessa cosa. E sarebbe interessante comprendere qual era la valutazione dell’appartamento al 14 di boulevard Princesse Charlotte ai fini del calcolo dell’imposta quando An ne entrò in possesso.
Ma anche sulla compravendita il consulente ha da ridire, perché quella cifra così bassa (300mila euro) avrebbe finito per danneggiare anche il Principato, che incassa come imposta di registro il 6,5 per cento del valore della transazione. Secondo Valentini per le autorità monegasche, dunque, la vendita a un quinto del valore di mercato sarebbe stato un discreto danno. «Con quei soldi ci si compra un posto auto. Ma anche - spiega al Giornale Valentini - se quello è davvero il prezzo di vendita, il governo a quel punto avrebbe dovuto far valere il suo diritto di prelazione a parità di prezzo. Non è solo un modo per dissuadere dal concludere transazioni registrandole per valori inferiori, ma è anche uno stratagemma con il quale si risponde a una esigenza sociale. Il Principato ha l’obbligo di assicurare una residenza “agevolata” ai cittadini monegaschi. Tendenzialmente, questi abitano con un affitto agevolato in case di proprietà del Principato, altrimenti la differenza tra fitto calmierato e prezzi di mercato la paga il governo. In lista d’attesa ci sono circa 280 famiglie. Dunque l’interesse per far valere il proprio diritto di prelazione è concreto. Mi chiedo se al momento del primo e del secondo rogito sia stato segnalato al demanio il valore della compravendita della casa al 14 di boulevard Princesse Charlotte».
Sempre Valentini sottolinea, ancora sul fronte dell’appartamento, che «la maggior parte degli edifici costruiti prima del settembre ’47 sono nella categoria “protégé”. Questo limita il valore del bene perché il proprietario ha l’obbligo di vendere o affittare l’immobile solo a determinate tipologie di acquirenti o inquilini “protetti”, per esempio monegaschi dalla nascita. Se il palazzo è “protégé”, e Tulliani non ha i requisiti di cui sopra, non potrebbe abitarci. E An non avrebbe potuto vendere a quella società». Quanto a Tulliani, nella sua lettera a Dagospia Valentini fa le pulci ai requisiti per la residenza. «Per divenire monegaschi - scrive - è necessario avere un contratto di lavoro ufficiale con un’azienda monegasca o provare, attraverso una certificazione bancaria, che il soggetto può vivere a Monaco senza esercitare alcuna professione.
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