Davide contro Golia, il caso Porsche Volkswagen

È di questi giorni la notizia che il consiglio di amministrazione di Porsche, ha confermato l'acquisizione del 51% di Volkswagen, la più grande industria automobilistica europea.
Nei mesi scorsi gli azionisti Porsche, tutti eredi di Ferdinand, il progettista del Maggiolino, hanno raggiunto il 31% del capitale della VW.
Fino a oggi si erano visti grandi marchi automobilistici che acquisivano piccole società (caso Ford con Jaguar e Aston Martin, Bmw con Rolls-Royce, VW con Lamborghini e Bentley), oppure grandi produttori che acquistavano produttori locali per accrescere le proprie economie di scala. Finora, però, non si era mai visto un piccolo produttore estremamente specialistico che scala una multinazionale senza particolari problemi finanziari o di mercato. Analizzando separatamente le cause di questa scalata, si possono individuare almeno tre motivazioni all'origine della scalata del gigante VW.
La prima è quella storica-sentimentale. Gli eredi di Ferdinand hanno da sempre considerato la Volkswagen «cosa di famiglia». Uno di loro, Ferdinand von Piech, che cede oggi il passo al fratello Hans Michel, arrivò alla presidenza VW negli anni 90, ed i rapporti tra Wolfsburg e Zuffenhausen sono sempre stati strettissimi, sia sul piano tecnico che commerciale.
La seconda è di natura economica. VW ha attraversato nel recente passato un momento di difficoltà finanziaria dovuto ad una gamma di prodotto un po' «tradizionale» rispetto allo scenario competitivo, unita all'evoluzione dell'atteggiamento della clientela che la rende meno disposta rispetto al passato a riconoscere un premium price a VW.
Infine, il successo economico di Porsche. Quest'ultima, con volumi di produzione inferiori alle Majors dell'auto, ha consolidato un'immagine di alto livello tecnico-prestazionale e originalità nel design con un prodotto eccellente ed economicamente efficiente (basato su logiche di standardizzazione dei componenti su vettura e propulsore).
È questa la situazione di aziende dove un nucleo compatto di azionisti, eredi del fondatore, assume un ruolo di guida nelle decisioni strategiche. È il caso della Fiat degli Agnelli, della Bmw dei Quandt, tutte realtà che, in diversi contesti, hanno dato prova di poter assumere decisioni strategiche a lungo termine, con sacrifici finanziari.
Al contrario le società ad azionariato diffuso, strette tra l'esigenza di retribuire l'azionariato e di ottenere il consenso di azionisti (Fondi, Banche etc), trovano difficile intraprendere azioni rischiose con orizzonte che vada oltre la durata in carica del management eletto.


Questa considerazione è quella che potrebbe aver spinto gli eredi Porsche a scalare la VW, per poter continuare ad applicare nel tempo e su scala più ampia le idee geniali del famoso antenato, finora limitate ad un settore esclusivo.
*Associate AlixPartners

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