De Corato: "Era la stretta che ci voleva, così vince il modello Milano"

Il vicesindaco del capoluogo lombardo: «È molto positivo l’accoglimento di questa richiesta, non si vede perché delle persone senza lavoro, luogo di residenza e mezzi di sostentamento regolari possano non rispettare queste regole prescritte ai non comunitari»

Milano «Finalmente uno strumento in più». Il Comune di Milano ha la presunzione di aver fatto prima e meglio del presidente francese Nicolas Sarkozy, che con le sue iniziative dirette al rimpatrio dei nomadi ha conquistato le prime pagine di mezza Europa.
Il ministro dell’Interno Roberto Maroni anche ieri ha parlato di un «modello Milano». E il motore di questo modello-Milano è quello che Ignazio La Russa si compiace di definire «il miglior assessore alla Sicurezza d’Italia», il suo antico compagno di partito Riccardo De Corato, che da tempo chiedeva un giro di vite sui «comunitari nullafacenti».
Allora, De Corato, vi hanno ascoltato?
«È molto positivo l’accoglimento di questa richiesta, non si vede perché delle persone senza lavoro, luogo di residenza e mezzi di sostentamento regolari possano non rispettare queste regole prescritte ai non comunitari. È uno strumento per allentare una morsa che c’è e che ci sarà ancor di più fra pochi mesi».
Perché, cosa sta per accadere?
«A marzo scatterà l’allargamento dell’area di assoluta, libera circolazione con l’ingresso della Romania nell’area Schengen. Rischiamo di vedere gli stessi fenomeni che abbiamo visto già nel 2007».
Che tipo di pressione si è verificata su una città come Milano?
«Nel nostro Comune avevamo 10mila rom, e abbiamo dovuto impiegare mezzi, risorse ed energie per arrivare a quota 1.500, quella certificata oggi dalla prefettura».
Ora concretamente cosa cambia con il soggiorno di tre mesi?
«I rimpatri coatti dei “recidivi” consentiranno una ripresa degli allontanamenti prefettizi, che in questa città sono fermi al 2008, quando furono 143 i romeni invitati ad allontanarsi in base alla direttiva europea del 2004».
Ma questa direttiva europea non era sufficiente? Non era effettiva?
«Noi la direttiva l’abbiamo applicata, prima di Sarkozy, che ha fatto quel che noi abbiamo già fatto nel 2008. Ma i meccanismi della direttiva erano troppo lenti. Si doveva fermare la persone, identificarla, poi dopo 90 giorni registrare la dichiarazione su abitazione e lavoro. Era tutto troppo complicato».
Avete anticipato Sarkozy senza usare gli incentivi?
«Proprio così, non abbiamo dato 300 euro per andare in Romania a far visita ai parenti e poi tornare».
Ma a Milano ci sono anche nomadi di nazionalità italiana...
«Come no, ne abbiamo una novantina che si spostano con le loro roulottes, che in base a un’ordinanza spostiamo da una via all’altra. Sono napoletani e siciliani, ma guarda caso stanno qui a Milano. Indovini perché?».
Me lo dica lei...
«Qui si ripuliscono le case, a Napoli non credo che sarebbe possibile».
E il piano nomadi andrà avanti per gli italiani?
«Vedremo. Di sicuro il nostro obiettivo è chiudere quattro campi nomadi, Triboniano, via Bonfadini, via Novara e Negrotto».
Entro quanti mesi?
«Con il tempo necessario. Entro la primavera».


E le ultime norme sulla prostituzione come le valuta?
«Sono ancora più efficaci. Ricordo che in Italia la prostituzione non è reato. Il foglio di via è fondamentale perché la battaglia delle multe noi la facciamo, ne abbiamo fatte 20mila, ma non basta. Segnala un problema».

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