Debiti e svendite gli anni del Prof in via Veneto

da Milano

Romano Prodi parla della sua esperienza all’Iri in Parlamento e l’opposizione lo interrompe. Non una, ma 8 volte. Perché tanto livore nei confronti del premier che ha presieduto l’Iri, e dunque anche Telecom (che allora era divisa in diverse società), dall’82 all’89? Facendo il bis dal ’93 al ’95? A scatenare gli attacchi la memoria degli anni prodiani all’Iri. L’ente di via Veneto (Istituto per la ricostruzione industriale) era la holding pubblica fondata nel ’33 dal regime fascista per salvataggio delle principali banche d’investimento italiane (Banca commerciale, Credito italiano e Banco di Roma), in crisi. Assumendo il controllo di tali banche, l’Iri prese in carico anche le industrie di loro proprietà negli ambiti della cantieristica, siderurgia e meccanica. Settori pesantemente indebitati e con Prodi (designato dal leader della sinistra democristiana Ciriaco De Mita) la musica non cambia. Ma il presidente riesce comunque a fare bella figura. Prodi infatti ottenne dal governo fondi per ripianare i bilanci delle disastrate società. In tutto 41mila miliardi di lire ossia una volta e mezzo quanto l’ente aveva ottenuto dalla sua fondazione. Ma non basta. Tra le iniziative più note dell’oggi presidente del consiglio c’è il tentativo del 1985 di vendere Sme a Carlo De Benedetti. La società raggruppa aziende private fallite e prese in carico dall'Iri, come Motta, Alemagna, Star, Cirio. Prodi concorda con la Buitoni di De Benedetti un prezzo di acquisto di 497,5 miliardi. La somma è irrisoria. Bettino Craxi insorge. L’operazione salta e restano lunghi strascichi giudiziari. Nell’86 l’Iri vende alla Fiat l’Alfa Romeo.
Sotto l’ombrello Iri ci sono aziende importanti, le banche (Comit e Credit) e poi tutte le telecomunicazioni Sip e le altre società del gruppo Iri-Stet (Italcable, Telespazio, Sirm e Iritel) che poi vennero fuse in Telecom Italia.

Nel 1993 il governo approva il decreto di privatizzazione per Enel, Agip, Stet, Credit, Comit, Ina. Un piano di dismissioni che si conclude nel 2000 sotto il governo di centrosinistra quando l’Iri, esaurito il suo compito, viene messa in liquidazione.

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