«Porta Genova, Milano Porta Genova». La voce si spande dal megafono con un’eco metallica, quasi soffocata dal cigolio del treno in frenata. È il benvenuto ufficiale in stazione, quello preconfezionato da Trenitalia e uguale in tutte le fermate. Cambiano giusto i nomi delle località.
Qui però ad accogliere viaggiatori e passanti non c’è un omino delle Ferrovie, almeno in questa mattina di luglio. Piuttosto c’è lui. Lui è un giovane nordafricano in jeans e maglietta. Se ne sta seduto sullo scalino davanti ai bagni e appena passi cerca di attirare la tua attenzione. Se ci riesce, a bassa voce fa la sua proposta: «Fumo? Droga?». Sono appena le 10 e 30 e il sole illumina tutto intorno. Anche il suo volto scuro.
Le stazioni, si sa, sono come porti di mare. Gente che viene, gente che va. E gente che resta, spesso brutta gente. Qui a Porta Genova, a due passi dai Navigli, non è difficile trovare gruppi di tossici bighellonare tra le panchine e le sale d’attesa. Le tracce del loro passaggio sono ben visibili tra le erbacce e gli anfratti che separano i prefabbricati in fondo alla banchina. Tra la sporcizia, ecco due siringhe e poi i cappucci trasparenti delle «spade» seminati qua e là.
Il regno dei tossici una volta erano i bagni. Finché la direzione non ha deciso di chiuderli qualche mese fa per evitare che continuassero a bucarcisi dentro. E fa niente se ora la stazione non ha servizi. «Che dovevano fare? Tanto erano comunque inagibili. Si intasavano e dentro c’era di tutto. Meglio chiuderli», dice un addetto alla pulizia.
Il personale di Trenitalia non commenta. O meglio, chi è sul posto di lavoro, negli uffici in stazione, allarga le braccia. «Ormai è così in tutte le piazze d’Italia e dunque pure qua», dice un dipendente. Gli addetti alle pulizie sono ben più loquaci. «Si vedono tante cose qui. La notte i barboni entrano di soppiatto e dormono in stazione. E poi in fondo sulla destra ogni tanto viene a prostituirsi qualche trans. Specialmente la domenica sera», raccontano. E la polizia? «Si vede poco da queste parti», la risposta.
Cronache di degrado quotidiano. In questi giorni, poi la stazione sembra una fogna a cielo aperto. Non che di solito sia pulita, come segnalano molti pendolari. Però ora si esagera. Cartacce, cocci di bottiglia e rifiuti sono dappertutto. Tra i binari, per terra, appoggiati sui davanzali delle finestre. C’è una spiegazione: gli addetti alle pulizie sono in sciopero. L’impresa che ha in gestione la raccolta dei rifiuti non rispetta il contratto nazionale, almeno a detta dei dipendenti. Così come in agitazione per lo stesso motivo sono gli addetti alla pulizia dei treni. A rimetterci intanto sono i viaggiatori, che trovano sedili impolverati in carrozza e sporcizia ovunque in stazione. Bel modo di iniziare o finire la giornata.
L’azzurro è per l’alluminio, il giallo per la plastica, il bianco per la carta. I cestini della spazzatura ci sono eccome. E sono pure tanti, si contano a decine. Ma molti sono vuoti. Segno che oltre allo sciopero è anche il malcostume, l’inciviltà a giocare un ruolo decisivo nel trionfo dell’immondizia. I segni del vandalismo toccano anche i muri. Le pareti della sala d’attesa sono terreno fertile per writers e graffitari vari. Così come le panchine.
L’unica consolazione arriva da fuori.
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