Ma dell’Italia non hanno «fatto» solo le cose buone

Caro Massimiliano, a seguito della rispettabilissima opinione del Segretario Enrico Vesco sul Partito Comunista Italiano di cui mio padre ha fatto parte militante per tanti anni, desidererei sottoporre anche la modesta mia che si basa non sulle direttive di un partito o di un altro ma osservando i risultati.
Non abbiamo la controprova di cosa sarebbe stata l’Italia senza il più grande partito comunista dell’occidente ma sappiamo che, al termine di 50 anni di rinascita economica finanziata dagli americani, pur con l’opera di controllo del PCI di cui parla Vesco ci siamo ritrovati con un paese corrotto nell’anima, prima ancora che negli uffici pubblici.
Tirarsene fuori elegantemente accampando i grandi risultati di questo faro contro i poteri forti e per l’uguaglianza mi ricorda con nostalgia il mio credo giovanile ma suona un po’ irrealistico.
Per i poteri forti siamo in un paese in cui Fiat ha fatto i suoi comodi per anni mentre tutti chiudevano gli occhi, in cui la lega delle cooperative, in molte realtà polmone economico del PCI nelle sue varie rinominazioni, muove circa 49 miliardi di euro, mi pare cinque volte il gruppo Fininvest, senza voler sempre scomodare Monte Paschi e la più famosa Unipol, soggetto della famosa telefonata dell’attuale sindaco di Torino che proviene, guarda caso, proprio dal PCI.
Per l’uguaglianza, se guardiamo in Europa, dopo tutti questi anni di orizzonti di libertà un operaio Fiat prende il 30% in meno di un operaio Volkswagen. Per mescolare le pere con le mele, ricordo che Volkswagen ha subito 2 (due!) scioperi nella sua storia dal dopoguerra ad oggi. Ma il PCI era a Torino.
I contadini, quelli veri, quelli che possiedono un terreno e si spaccano il filo della schiena anche il 25 aprile ed il primo maggio senza essere premiati con doppi pomodori dal buon Dio come prevederebbe il sacro Ccnl, sono alla canna del gas vessati da un fisco che li considera evasori perché «padroni» prima che produttori o contadini. Da quale partito nasca questa visione è ben noto.
Sappiamo che la scuola pubblica non ha portato i risultati di uguaglianza sperati. Anzi. Sempre più chi nasce operaio tale resta sebbene gli stipendi degli insegnanti, pur da fame, divorino oltre il 90% di quanto stanziato per la scuola di tutti. Eppure l’ultima riforma l’ha fatta il fratello di Berlinguer.
Potrei andare oltre. Il PCI ha molti meriti ma anche molte colpe come tutti, del resto.
In buona sostanza, però, ciò che ci siamo trovati nel ‘94, cioè prima che Berlusconi ci mettesse un gran bel carico di suo, non è poi un gran paese.


Ove lo è stato, ciò è accaduto esclusivamente grazie ad alcune grandi e piccole individualità che hanno sgomitato, scalciato e spintonato in mezzo a chi, inseguendo utopie di eguaglianza o clericale o di falce e martello, pretende ancor oggi di abbatterlo in ogni modo e reimmergerlo nel mare di mediocrità.
Purtroppo per i nostri giovani è questo atteggiamento l’unico patrimonio comune, se così vogliamo chiamarlo, che davvero ci è rimasto in mano.

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