L’entrata, tra materiale edile e masserizie, lascia un po’ a desiderare. E le condizioni igieniche dello «studio» - immerso nella polvere e caratterizzato da un’incuria totale - non sono da meno: alla faccia dei clienti senza troppe pretese. Probabilmente il dentista in questione praticava sconti da capogiro visto che esercitava in un container. Sì: otturazioni, estrazioni e anestesie fatte in un box prefabbricato, provvisto di poltrona reclinabile, trapani e disinfettanti, ma anche di una sorta di anticamera-sala d’attesa che il professionista aveva sistemato all’interno del giardino della sua abitazione momentaneamente inagibile a causa dei lavori di ristrutturazione. Anche lui, un odontoiatra settantenne attualmente in pensione, sempre in attesa della fine dei lavori, viveva in un container attiguo. Come a voler dire ai clienti: se mi adatto io, potete farlo pure voi. Che il tutto fosse abusivo e privo di autorizzazioni lo considerava forse un mero dettaglio. A scoprire questo singolare studio odontoiatrico sono stati i vigili urbani intervenuti ieri mattina in via Paolo Uccello, in zona Fiera, in ausilio ai pompieri proprio nella villetta in ristrutturazione e di proprietà del dentista dov’era stata segnalata una fuga di gas dopo che i muratori, intenti a lavorare in giardino, avevano rotto per sbaglio delle tubature della rete cittadina. I ghisa si sono resi conto così che il professionista in questione, pur possedendo diverse altre proprietà immobiliari, avevo scelto di restare a vivere e lavorare nel suo giardino e in quelle condizioni. Adesso l’uomo verrà sanzionato per 30mila euro perché operava in un ambiente privo di autorizzazione all’apertura dell’attività, mentre il container utilizzato come studio medico è stato sequestrato in attesa degli accertamenti dell’Asl. I cui operatori, insieme alla polizia municipale, non si sono certo lasciati «intenerire» dal fatto che il dentista abbia giurato di lavorare gratuitamente e di curare perlopiù immigrati. Il dentista, infatti, a riprova di questo fatto, ha indicato un clandestino suo cliente che, al momento dei controlli dei vigili, si trovava in «sala d’attesa». Secondo i ghisa, però, le cure avvenivano dietro pagamento in nero poiché nelle agende degli appuntamenti, dove erano registrati una decina di clienti al giorno, erano stati riportati i costi delle prestazioni. «Non è accettabile – commenta il vice sindaco Riccardo De Corato – che si possa professare l’attività medica in studi improvvisati, con strumenti inadeguati e in condizioni igieniche precarie. Perché dubito che offrire cure in un container, non potesse costituire un rischio per la salute degli stessi pazienti. Una situazione di estremo degrado.
Lo stesso riscontrato dalla polizia municipale negli appartamenti-dormitorio controllati grazie le ordinanze, attualmente ancora in vigore. Dove in virtù di affitti in nero chiesti da proprietari senza scrupoli si creano situazioni di sovraffollamento di clandestini che minano la sicurezza addirittura di interi quartieri».PaFu
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