Il passaggio dalla normalità alla disperazione dura lo spazio di un frame. Un attimo prima - ripreso da una videocamera di sorveglianza - vedi tuo figlio in pantaloncini rossi e felpa blu che fa jogging in strada; un attimo dopo lo vedi sparire dall’inquadratura. Volatilizzato. Nessuno nota niente. È possibile rassegnarsi a una simile assurdità? No, non è possibile.
Lo sa bene il padre di Roberto Straccia, lo studente universitario di 24 anni, di cui da 11 giorni si sono perse le tracce. L’ultimo avvistamento di Roberto risale a mercoledì 14 dicembre, quando è uscito di casa alle 14.40, come al solito, per andare a fare footing sul lungomare di Pescara. Ha preso la direzione nord verso Montesilvano e alle 14.42 è stato ripreso da una telecamera del porto turistico. Non è più rientrato e non ha dato notizie. Raccontano i suoi amici: «Di solito percorreva il lungomare, arrivava a una fontana in piazza Salotto, detta la «Nave di Cascella», dalla quale inizia il centro di Pescara, e poi tornava indietro».
Quel mercoledì non aveva con sé cellulare o documenti, solo la chiave di casa. La procura di Pescara, che sta coordinando le ricerche, ha chiesto alla procura di Fermo l’acquisizione di un vecchio fascicolo di indagine su un presunto tentativo di suicidio che il ragazzo avrebbe compiuto negli anni scorsi. Roberto, originario di Moresco (Fermo), paese in cui la sua famiglia gestisce un’azienda agricola, è iscritto alla facoltà di Lingue dell’Università «D’Annunzio» di Pescara, città dove vive in un alloggio in affitto con altri studenti.
Dal giorno successivo alla scomparsa, il padre di Roberto segue passo passo le ricerche del figlio. È un uomo tutto d’un pezzo, il signor Mario. Anche per questo è rimasto male nel leggere sui giornali la storia del «passato tentativo di suicidio del figlio» («Una cosa mai accaduta», smentisce lui) e - soprattutto - l’ipotesi secondo cui «dietro la sparizione di Roberto può esserci la mano di una organizzazione criminale interessata all’attività agricola della famiglia Straccia» («Un’autentica cretinata, considerato che la nostra non è un’azienda, ma un piccolo orto», precisa il signor Mario).
Poi Mario Straccia alza gli occhi al cielo: «Mi auguro che tutto si risolva al più presto, anche perché il 28 dicembre è il compleanno di Roberto, ma prima c’è una data ancora più importante, quella del pranzo di Natale, al quale lui non è mai mancato». La speranza è che accada con Roberto, ciò che è accaduto il mese scorso a Roma, dove un giovane si era isolato in un bosco per un mese, ma poi ha fatto ritorno a casa.
Dal primo gennaio 1974 al 30 giugno 2011 le persone scomparse in Italia ancora da rintracciare sono 24.463, di cui 9.392 cittadini italiani e 15.071 cittadini stranieri. Una media di 661 scomparsi all’anno, praticamente due al giorno. Il dato emerge dalla VII Relazione semestrale sul fenomeno delle persone scomparse, aggiornata al giugno 2011, predisposta dall’Ufficio del Commissario straordinario per le persone scomparse.
Tra i desaparecidos i maggiorenni sono 14.659 di cui 7.741 italiani e 6.918 stranieri. I minori sono, invece, 9.804, di cui 1.651 italiani e 8.153 stranieri. La differenza complessiva, rispetto al dato rilevato al 31 dicembre 2010 è di 287 unità in più, mentre rispetto al 30 giugno 2010, la differenza è di 697 unità in più. A questi si aggiungono gli italiani sicuramente scomparsi all’estero, in totale 145 dei quali 126 maggiorenni, 3 in più rispetto al dato del 31 dicembre 2010, mentre resta confermato in 19 unità il dato riferito ai minori.
Preziosa in questo campo è anche l’attività dell’associazione Penelope, impegnata nell’assistenza delle famiglie delle persone scomparse. Di Penelope (che collabora strettamente col programma Chi l’ha visto?, dal cui sito abbiamo tratto le foto qui a fianco) fa parte pure Gildo Claps, il fratello di Elisa, la studentessa potentina uccisa da Danilo Restivo: «I familiari delle persone scomparse vivono una situazione peggiore di chi ha la certezza che il proprio caro è morto. Dubbi e incertezze possono far male più di un lutto».
Recentemente è stato tracciato anche una sorta di rapporto psicologico sui motivi che spingono le persone a lasciare volontariamente casa e famiglia. Al primo posto ci sono «tracolli finanziari» dovuti a «separazioni coniugali» o «perdite di lavoro»; seguono «stati depressivi» e «delusioni sentimentali».
Quasi sempre (80%) si tratta di decisioni «irreversibili»: solo il 10% viene infatti ritrovato o decide di ritornare sui propri passi, mentre di un altro 10% si perdono completamente le tracce.Fino a quando riappare un cadavere senza nome. Che qualcuno sta già piangendo da anni.
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