Il detective dei bambini «Ma in storie così il lieto fine è ormai raro»

Lo chiamano il Sherlock Holmes dei bambini e nessuno ne ha ritrovati quanti lui. Quasi cinquanta, molti impossibili, tutti all’estero. Bruno Poli, 66 anni, vive sull’Appennino modenese, ha aperto un sito www.bambinirubati.org, e bracca genitori in fuga. Aveva una fabbrica di scarpe prima che la moglie gli portasse via la sua Stella: «Cerco il viso di mia figlia in ogni bambino che riporto a casa» disse una volta. Ha mollato tutto e si è messo a caccia, oggi è il massimo esperto internazionale in materia. Praticamente il migliore.
Quanti sono i bambini rapiti dai genitori?
«Ottomila in Europa e un migliaio in Italia».
Chi li rapisce?
«Nove volte su dieci la mamma».
Si sono moltiplicati in questi anni?
«Per colpa dell’immigrazione e dei matrimoni misti».
Perchè si ruba un figlio?
«Anche perchè tante volte le mamme sole, straniere e senza aiuti non ce la fanno a campare. E tornano a casa loro».
Più i casi che finiscono bene o i casi che non finiscono mai
«Più i casi che finiscono male: almeno l’ottanta per cento».
Dov’è più difficile recuperare i bambini?
«Nell’Europa dell’est. La Polonia per esempio è quella che viola più di tutti leggi e convenzioni».
Più dei paesi islamici?
«Mai avuto problemi con i paesi islamici».
Ne spariscono tanti laggiù?
«Meno che in Ucraina. Ma una differenza c’è...»
Ce la dica...
«Nessuna legge vieta a un genitore straniero di vedere il proprio figlio. Si oppongono più facilmente a questo diritto gli europei».
Ne ha portati a casa tanti da lì?
«Una madre a cui era stata rapita la figlia da un libanese a giorni avrà l’affidamento, anche se siamo diventati matti per ritrovare la piccola. Ma la stessa cosa mi è successa in Egitto e persino in l’Arabia Saudita. Tutte finite bene».
La legge internazionale vi aiuta?
«Mica tanto. C’è il Bruxelles bis che è un regolamento europeo che impone agli Stati di riconoscere le sentenze del tribunale della nazione da dove è stato sottratto il bimbo. Poi però lascia discrezionalità al giudice straniero se rispettarla o no».
E quindi...
«Praticamente non serve a niente».
L’Europa cosa fa per risolvere il problema?
«In Europa non c’è strumento e associazione che si occupi di sottrazione internazionale di minori: tante risoluzioni, ma nessun fatto».
Lei però si è organizzato...
«Con quattro avvocati di quattro paesi diversi abbiamo appena creato una task force: chiederemo di essere riconosciuti dall’Ue, di poter accedere a banche dati e di crearne una nostra, di suggerire norme, monitorare il fenomeno».
Cosa vi manca?
«In generale mancano avvocati con la professionalità che serve per affrontare questi casi. Anche perchè è un settore dove non si guadagna nulla se non la gratitudine».
E l’Italia cosa fa?
«Il nostro ministero degli Esteri, su cui si può veramente contare, ha preparato un opuscolo per spiegare al genitore che resta vittima del rapimento di un figlio cosa deve aspettarsi dalle leggi del paese del coniuge».
Cosa si può fare per difendersi?
«Se il coniuge ti dice vado in vacanza con il bambino nel mio Paese, se hai sospetti, fagli firmare un documento dove ci sia scritto quando rientra».
Cosa succede quando un figlio viene riconsegnato?
«La mamma non lo vuole più vedere. Dice al marito, okay, hai vinto tu, tientelo. Io ne faccio un altro».


E al figlio che torna?
«Non ce n’è uno che non abbia problemi, anche da adulto».
Come si esce da questo dramma?
«Dal punto di vista umano non si esce: per un bambino avere giustizia vuol dire perdere per sempre un genitore».

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