Deve due centesimi, gli chiedono 81 euro

E poi si lamentano di Equitalia. In Sicilia, la società di riscossione si chiama Serit, ma la sostanza non è che cambi di molto. Anzi, non cambia proprio nulla. Ne sa qualcosa un imprenditore di Gela che, tre anni fa, ebbe la sventurata idea di arrotondare per difetto l’importo Iva da versare alle casse statali di ben due… centesimi. Una quisquilia. Un peccato veniale. Non l’avesse mai fatto.
Puntuale come una cambiale (manco a dirlo), nei giorni scorsi gli è arrivata una cartella esattoriale che, per quei due cents risparmiati, pretende ora il pagamento di una cifra di molto superiore: 81 euro. Ovvero, di una cifra 4mila volte superiore a quella «incriminata» che comprende l’intero campionario del perfetto ruolo esattoriale: interessi, notifiche e spese di spedizione.
Sulle prime, lo sfortunato imprenditore ha pensato a uno dei classici casi di «cartelle pazze» che di tanto in tanto affiorano negli incubi degli italiani, così ha cercato di far presente agli uffici della Serit che la sottrazione di due centesimi al bilancio statale non è che avesse provocato chissà quale default finanziario alla nazione. Quando però gli è stato risposto che, nonostante l’entità infinitesimale del danno, bisognava comunque pagare tutto e subito, pena il fermo amministrativo dell’auto e chissà cos’altro, il malcapitato ha aperto il portafogli e contato una ad una le banconote.


D’altronde, sul sito della Serit Sicilia campeggia in bella mostra la mission della società: «L'esperienza maturata nel corso di anni di attività, prestata al servizio degli Enti locali creditori e dei contribuenti, ha permesso di conseguire significativi risultati tanto in termini di recupero della morosità quanto di miglioramento dei servizi all'utenza, grazie soprattutto al continuo processo di aggiornamento/formazione del personale aziendale». Meglio di zio Paperone...

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