È salito al sesto piano del tribunale, è uscito da una finestra e si è fermato in piedi sul cornicione. Ha chiesto di parlare con un giudice della nona sezione civile, minacciando di gettarsi nel vuoto se si fosse rifiutato di riceverlo. Solo dopo una lunga trattativa, durata più di mezzora, gli agenti della polizia sono riusciti ad avvicinarsi e a trarre in salvo Italo P., 65 anni di Lissone, che gridava di «volere giustizia».
Allorigine della drammatica protesta, laffidamento di una figlia risalente a dieci anni fa. Allepoca, il giudice del tribunale dei minori aveva deciso che la bambina, di sei anni, dovesse restare con la madre. Un provvedimento mai accettato dalluomo. Quindi, dopo il tentativo fallito di ieri di parlare con il magistrato, la decisione di minacciare il suicidio.
«Voglio sia fatta giustizia, perché non cè giustizia se non cè verità», si legge in un volantino lanciato in uno dei cortili del Palazzo di giustizia. «Chiedo che i colpevoli paghino tutte le loro colpe, le istituzioni hanno abusato ripetutamente di arroganza e tracotanza». E «ingiusto» viene definito il provvedimento che lo ha allontanato da una delle sue figlie.
Immediatamente i vigili del fuoco hanno aperto nel cortile un telone gonfiabile, mentre gli agenti di polizia hanno avvicinato luomo, parlandogli a lungo. Poi, pochi minuti dopo, intorno a mezzogiorno, lo hanno afferrato e portato in salvo.
Italo P. è sembrato confuso e molto agitato. Dopo qualche istante, ha chiesto nuovamente di poter vedere il magistrato.
Questa volta è andata diversamente. Il colloquio cè stato. Una ventina di minuti, poi luomo è stato riaccompagnato a casa dagli agenti di polizia.
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