Dieci mosse per abbattere la casta

Non servono chiacchiere o leggi complicate. Una sforbiciata per tutti: dai parlamentari alle province, da Palazzo Chigi al Quirinale passando per gli ordini professionali. Le pensioni miracolo delle Camere e per gli onorevoli visite gratis 24 ore su 24

Dieci mosse per abbattere la casta

Zac. Un taglio netto. I politici non hanno altra stra­da. Devono tagliarsi lo stipendio. Trenta, quaranta, cinquanta per cento in meno. Non servono chiac­chiere. Non servono leggi complicate. Basta farlo. Zac. Un taglio netto. I politici non hanno altra stra­da. Devono tagliarsi di netto lo stipendio. Trenta, qua­ranta, cinquanta per cento in meno. Non servono chiac­chiere. Non servono leggi complicate. Basta farlo. Tut­ti, dai parlamentari ai quelli delle province, da Palazzo Chigi al Quirinale. È populismo? Vero. Non risolve i pro­blemi reali del Paese? Sicuro. Rinnega una vecchia rego­la della democrazia, quella per cui la politica non può essere solo un privilegio dei ricchi e quindi chi rappre­senta il popolo va pagato? Può darsi. Ma si campa bene anche con 8mila euro al mese. L’unica cosa certa è che non si possono chiedere sacrifici agli altri se si continua a vivere come a Versailles. Il rischio è proprio l’effetto «brioche», quel senso di rabbia e frustrazione che arri­va dal basso, la disperazione dei senza casta, accompa­gnata dalle difese corporative di chi invece la casta ce l’ha, ma senza l’esempio dei politici non rinuncia a un grammo di privilegio. Questa è l’Italia in cui si vive.Tutti parlano di riforme, ma nessuno le vuole nel proprio orticello. Allora serve un gesto forte, concreto, ma carico di simbolismo. Noi, politici, ci spogliamo. Ma dopo, signori delle altre ca­ste, tocca a voi.Attenzione.Basta leggere un po’ in giro e proposte per abbattere muri e corporazioni se ne trova­no parecchie. Qui ce ne sono dieci. Niente rivoluzioni. Solo dieci mosse per cominciare a fare sul serio. Alcune idee sono perfino banali o così vecchie che si poteva tranquillamente realizzarle trent’anni fa. Nessuno ha avuto il coraggio o l’interesse per farlo. I costi, si disse allora, li pagheremo più tardi, nel futuro. Solo che ades­so il futuro è arrivato. E da un po’ di tempo.Ecco il deca­logo.

LIBERALIZZAZIONI DEGLI ORDINI PROFESSIONALI Accessi diretti alle professioni di avvocato, notaio e me­dico e conseguente riduzione dei costi delle prestazio­ni derivante dalla maggiore concorrenza. In Alto Adi­ge, solo per fare l’esempio dei notai, i cittadini quando devono fare un atto di compravendita sconfinano in Au­stria e spendono un decimo rispetto all’Italia. Abolire gli ordini. E questo vale anche per i giornalisti.

FARMACIE «APERTE» Fine del regime che regola limi­ta l’apertura di nuove farmacie. Perché in una qualun­qu­e strada di un villaggio della Georgia caucasica è pos­sibile trovare, una fianco all’altra,tre farmacie e in Italia no? La nostra legge autorizza solo una farmacia ogni 5 mila abitanti e quasi ci dice che per fare il farmacista lo deve essere anche tuo padre.

DEMOLIRE TUTTE LE TECNOSTRUTTURE Sopprimere tutti gli organismi che hanno funzione di consulenza e di indirizzo. Salvare solo alcune authority di vigilanza rimodulando profondamente i compensi.

PRIVATIZZAZIONE DI IMPRESE PUBBLICHE Priv­atiz­zazione di imprese pubbliche ( Eni, Enel, Cassa deposi­ti e prestiti, ecc.) e municipalizzate. Un mercato non è davvero tale se alcune aziende possono costantemente contare sugli aiuti pubblici e altre invece, se vanno ma­­le, chiudono.

PRIVATIZZARE IL PRIVATIZZABILE Sottrarre alla poli­tica il controllo su alcuni settori come nettezza urbana, trasporto pubblico locale, risorse idriche ed energia. In prospettiva, alienazione di tutto il patrimonio pubblico che non abbia una valenza funzionale e strategica.

RETRIBUZIONI MANAGER PUBBLICI In virtù del mi­nor coinvolgimento della politica adottare tutte le misu­re di razionalizzazione dei compensi alle figure di vertice. 

ABOLIZIONE DI OGNI OSTACOLO AL LAVORO In Italia vi sono moltissime norme che ostacolano la libera inizia­ti­va e l’incontro tra domanda e offerta, causando alti livel­li di disoccupazione. Soprattutto al Sud, queste regole im­pediscono rapporti capitalistici tra adulti consenzienti e, in definitiva, generano solo povertà, mercato nero, emi­grazione. Bisogna fare in modo che ogni norma in mate­ri­a di lavoro possa essere superata per via negoziale, se vi è l’accordo delle parti.Se uno può votare sull’aborto o sul­la responsabilità dei giudici, perché poi non può decide­re sul suo personale contratto di lavoro? 

LA RAI È UN LUSSO Dove sta scritto che serve l’intratteni­mento di Stato? Un canale di pubblica utilità è sufficiente, il resto sul mercato. Lo stato farebbe cassa abbattendo il debito e si eliminerebbe una tassa, il canone, che grava sui bilanci delle famiglie.

LA GIUSTIZIA ALTERNATIVA La giustizia – e soprattutto quella civile –non funziona e in primo luogo perché è una realtà fuori mercato.

Nel resto del mondo stanno crescen­do i metodi alternativi di risoluzione delle controversie: l’arbitrato (dove la sentenza è formulata da un giudice pri­vato, scelto dalle parti) e la mediazione (che non si conclu­de con una sentenza, ma approda a un accordo extragiu­diziale).

LIBERE UNIVERSITÀ Abolizione del valore legale della laurea. E totale autonomia degli atenei. Vivono se hanno iscritti e se producono.

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