«È davvero formidabile la capacità della destra italiana di moltiplicare i suoi nemici». Formidabile, e di cosa stiamo parlando? Dunque, secondo Pierluigi Battista, che in genere leggo sempre volentieri, «la destra» ha «uno straordinario impulso masochista nel regalare alla sinistra Roberto Saviano, che di sinistra non è». Così ieri, per infiocchettare il regalo, Battista ha regalato alla destra una bella torta con ciliegina molto istruttiva e che vorrei ricambiare con dieci candeline.
1) Sono costretto a precisare che, per quanto mi riguarda, da scrittore né di destra né di sinistra (faccio bellissimi disegnini porno sulle schede elettorali da anni), ogni mia critica motivata a Saviano mi ha portato centinaia di insulti che se Battista vuole gli giro via mail, tra i quali il classico, che io lo attacco «per invidia». Se la destra usasse lo stesso argomento in sede politica si potrebbe disinnescare ogni critica a Berlusconi dicendo che chi la muove è invidioso dei suoi soldi, a cominciare dalla Gabanelli, perché vorrebbe le ville a Antigua anche lei.
2) Mi sarebbe piaciuto che Battista avesse fatto dei nomi, e non solo quello di Roberto Saviano rapportato a un’entità generica: la destra. Chi? Può fare qualche nome? Il bello è che quelli come Battista parlano sempre da un pulpito super partes, gli altri sono la destra, la sinistra. Intanto ricordo a Battista i saggisti o gli scrittori che hanno criticato Saviano nel merito del suo unico romanzo (sebbene, intervistato a Annozero, l’autore nomini pomposamente «i miei libri», e continua a sfuggirmi l’opera di Saviano, il cui valore poggia su meriti esclusivamente extraletterari). Per esempio Aldo Busi, non certo uno scrittore di destra, ha definito Gomorra «un romanzo di cassetta», e nessuno ha fiatato, mentre le critiche del sociologo di sinistra Alessandro Dal Lago, identiche alle mie ma con due anni di ritardo, sono state riprese dal Corriere della Sera, dove lo stesso Battista commentava elegantemente che criticare Saviano deve essere legittimo e non un tabù.
3) Saviano non è di sinistra, è vero, lo ha dichiarato proprio Saviano da Michele Santoro: «Io parlo anche agli elettori di destra, per aprirgli gli occhi quando vanno a votare». Sono gli elettori di destra imbecilli che votano a occhi chiusi senza sapere cosa votano, aspettano l’illuminazione di Saviano pagato con i loro soldi sul servizio pubblico. Dovendosene oltretutto, il telespettatore di destra o di sinistra, sentirsene rassicurato, perché «essere pagati è la garanzia di poter fare bene il proprio lavoro», e con meno di duecentomila euro effettivamente si lavora male per la causa comune, ecco perché anche un operaio paga il canone Rai.
4) Che poi Saviano sia di destra o di sinistra non capisco cosa cambi, anzi per me potrebbe anche essere fascista, vista la criminalizzazione che Saviano fa del libero mercato, al quale rende contigua, consequenziale e consustanziale l’esistenza della camorra, basta leggere Gomorra o i suoi articoli su Repubblica. Con Mussolini, in effetti, la mafia se la passava male.
5) Secondo Battista la destra non sa che Saviano è stato «fatto oggetto dei peggiori insulti sui siti e sui blog anti-imperialisti» per aver espresso solidarietà a Israele, dando quindi per scontato che la sinistra sia anti-israeliana, pur elogiando i viaggi di Fini in Israele come una conversione post fascista.
6) Secondo Battista la destra «è una curva che vede comunisti dappertutto» e Saviano non sarebbe di sinistra perché è riuscito a convincere i lettori «ad acquistare I racconti della Kolyma di Varlam Salamov, uno dei più sconvolgenti capi d’accusa contro i Gulag e “le atrocità del comunismo” (parole di Saviano) su cui “è calato il silenzio da troppo tempo” (parole di Saviano)». Quindi secondo Battista la sinistra italiana, oltre a essere antisemita, ha bisogno di essere convinta perfino per leggere Salamov, in altri termini la sinistra è ancora sovietica (parola di Battista, non di Berlusconi).
7) A proposito di libero mercato, scrive Battista, Saviano viene considerato «un avversario così spregevole da pretendere addirittura di essere pagato per una trasmissione televisiva (ma come, non si era detto che il mercato non doveva essere demonizzato?)». Appunto, ma chi lo demonizza? Io? La destra? O Saviano?
8) Secondo Battista «gli scrittori non sopportano che un loro collega vada troppo in televisione, perché andare troppo in televisione fa troppo “berlusconiano”». Anche qui, se non fa i nomi, parli per sé, per quanto mi riguarda nell’ultimo mese non ho fatto che rifiutare inviti televisivi perché sono troppo occupato a scrivere, e oltretutto, al contrario di quanto crede Battista, uno scrittore non ha colleghi, e se li ha non è uno scrittore ma un impiegato.
9) Il sottoscritto, è noto, ha attaccato negli ultimi anni, su Libero e sul Giornale, in nome della letteratura e in opposizione alla logica delle classifiche di vendita e del mercato quando si tratta di valore artistico, molti colleghi di Saviano, da Niccolò Ammaniti a Wu Ming a Alessandro Piperno, quest’ultimo non certo un’icona della sinistra, piuttosto un’icona del Corriere della Sera, secondo il quale sarebbe «il Proust italiano». Poiché sono autori Mondadori, l’anno scorso dopo essere stato accolto con grandi onori a Segrate, sono stato messo gentilmente alla porta «per quello che hai scritto su Saviano», con la motivazione che Saviano è una grossa fetta del fatturato di Segrate e il mio nome avrebbe messo i dirigenti in difficoltà. Se Battista vuole, anche qui, gli fornisco privatamente i dettagli, quando ho raccontato l’episodio su Dagospia non mi pare gliene fregasse granché, la libertà di stampa vale solo per chi già ce l’ha. Al dirigente ho detto «Capisco», ho preso armi e bagagli e me ne sono andato alla Newton Compton, e questo mentre Saviano, su Repubblica, firmava appelli sulla libertà di stampa, copyright Agenzia Santachiara, in prima pagina sopra la pubblicità di Gomorra, copyright Mondadori, e tra poco su Rai Tre, copyright Endemol.
10) È curioso perché a difesa dei duecentomila euro chiesti da Saviano, demonizzatore del libero mercato, sono arrivate perfino Norma Rangieri, direttrice del Manifesto, e Concita De Gregorio, direttrice de l’Unità, proprio in nome del libero mercato, perché l’audience, l’ascolto, il successo commerciale, sono diventati un criterio perfino sul servizio pubblico. Concita ha anche concitatamente puntualizzato che «è come per i calciatori», e a Gianluigi Paragone è stato detto che mille euro a puntata per lui sono già troppi.
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