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Una tipologia di olio contribuisce all'aumento di peso: la scoperta

Uno studio ha scoperto quale tipo di olio potrebbe avere un ruolo nell’obesità, tuttavia il fenomeno è legato al modo in cui l’olio è elaborato dall’organismo

Una tipologia di olio contribuisce all'aumento di peso: la scoperta
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Ci sono alcuni alimenti che fanno ingrassare per varie ragioni: per la quantità che se ne consuma, per zuccheri e grassi di cui non si ha consapevolezza, per il modo in cui interagiscono con altri alimenti nei pasti nella dieta. Molto spesso, nella mentalità comune, è l’olio - in generale - a essere messo sotto accusa, talvolta a torto in base alla tipologia. Tuttavia c’è un olio che, secondo uno studio, comporterebbe un considerevole aumento di peso per via del modo in cui viene elaborato dall’organismo se consumato in eccesso.

Quale olio comporta un aumento di peso

Stando ai risultati della ricerca, è l’olio di soia - quindi un olio vegetale - a essere considerato portatore di obesità. La cosa peggiore è che molte persone potrebbero essere portate ad assumerlo senza accorgersene, poiché è presente in diversi alimenti trasformati, come condimenti per insalata, margarina e patatine.

In un certo senso si torna su un punto che già è noto: i cibi iperprocessati dovrebbero essere consumati con il contagocce se si vuole condurre uno stile di vita sano. “L’olio di soia non è intrinsecamente cattivo. Ma le quantità in cui lo consumiamo innescano percorsi che il nostro corpo non è in grado di gestire”, spiega all’Independent la docente della University of California in Riverside Frances Sladek, una delle autrici dello studio.

Lo studio sull’olio e i topi

La ricerca si intitola P2-HNF4α Alters Linoleic Acid Metabolism and Mitigates Soybean Oil-Induced Obesity: Role for Oxylipins e ha coinvolto due gruppi di topi: uno che non presentava modificazioni genetiche e l’altro con una forma differente di una proteina epatica che influenza il modo in cui l'organismo metabolizza i grassi. Questi due gruppi di topi sono stati sottoposti a una dieta ricca di olio di soia, e il primo gruppo ha riscontrato un significativo aumento di peso.

Non solo: i topi geneticamente modificati presentavano livelli inferiori di ossilipine (oltre che di due famiglie di enzimi ritenuti responsabili della conversione dell’acido linoleico in ossilipine), fegati più sani e segni di una migliore funzionalità mitocondriale. Le ossilipine sono molecole in cui viene convertito l’acido linoleico contenuto nell’olio di soia, e sono associate all’accumulo di grasso, se l’olio viene consumato in grandi quantità.

D’altra parte già nel 2015 gli autori di questo studio avevano scoperto una connessione maggiore tra olio di soia e obesità rispetto all’olio di cocco, che peraltro è ricco, com’è noto, di grassi saturi. “Ma ora abbiamo la prova più chiara che non è l'olio in sé, o l'acido linoleico. È ciò in cui il grasso si trasforma all'interno del corpo”, aggiunge Sladek.

Prospettive future di ricerca

Sebbene non siano attualmente previsti test sugli esseri umani, uno dei risultati collaterali della ricerca è interessante: genetica e diete giocherebbero un ruolo chiave nell’obesità, e sapere questo potrebbe aiutare moltissimo nella prevenzione o nelle strategie terapiche, magari senza ricorrere, un domani, per alcuni soggetti, necessariamente alla chirurgia bariatrica, che comporta comunque un fattore di rischio come per tutti gli interventi.

Dice in merito alle cause dell’obesità riscontrate una delle autrici Sonia Deol, scienziata biomedica nell’ateneo in cui la ricerca è stata effettuata: “Questo potrebbe essere il primo passo verso la comprensione del motivo per cui alcune persone aumentano di peso più facilmente di altre se seguono una dieta ricca di olio di soia”.

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