Alla politica si adattano ancora i proverbi rurali: quando il gatto non c’è, i topi ballano. E infatti, da quando Silvio Berlusconi è un altre faccende affaccendato (europee, finanziarie) Cirino Pomicino, famoso e fumoso esponente andreottiano della Dc in fase calante, ha riaperto le danze scudocrociate a latere di Pier Ferdinando Casini. Vederlo intrecciar parole a Montecitorio, ospite non a tutti gradito, è uno spettacolo imperdibile. Pur non essendo morto egli è rinato. La sua seconda vita è intensa quanto la prima, bruscamente interrotta da Mani pulite e da guai cardiovascolari che lo indussero a farsi donare un cuore per sostituire quello scassato. Sbirulino Pomicino sembra un ragazzo.
Tra saltelli e giravolte e qualche veronica, incontra e corteggia gente varia allo scopo di reclutare onorevoli da inglobare nell’Udc, sottraendoli al Pdl. Non gli par vero di essere tornato nell’agone e a contare.Soprattutto non gli par vero, dopo lustri di oblio, di essere ascoltato e preso sul serio. Il che gli dà forza e slancio, persino capacità persuasive. Bisogna complimentarsi con lui. La miglior cura per un cardiopatico è dimenticare di esserlo e svolgere appieno l’attività preferita che, nel caso di Sbirulino, è fare danni dove altri hanno già sfasciato tutto.
L’uomo è intelligente e scaltro, quindi, se si mette in testa di distruggere, non sbaglia un colpo. In questi giorni riesce a dare il meglio del suo peggio: sta cercando di aiutare Pier Ferdinando Casini a realizzare il sogno di spedire a casa Silvio Berlusconi, e non è escluso che colga nel segno. Individua i soggetti deboli d’area berlusconiana, i frustrati, i peones, e attacca bottone.
Non è tipo da offrire loro soldi o cadreghe per portarli dalla sua parte. Assolutamente no. Li blandisce, li coinvolge in discorsi astratti, li intontisce con suggestioni democristiane e li fa sentire importanti convincendoli che le sorti della Patria siano nelle loro mani. Costoro poi se ne vanno cogitabondi, col tarlo del dubbio nel cervello: e se avesse ragione Cirino a dire che sul quadrante della storia batte l’ora del destino?Qualcuno ci casca e volta le spalle alla maggioranza. Operazioni brillanti che si potrebbero definire circonvenzione di capaci. Sta di fatto che i numeri a disposizione del Cavaliere sono diminuiti e rendono incerta la sopravvivenza del governo alle prossime votazioni (decisive) alla Camera. Non è dato sapere al momento se la spallata studiata a tavolino dall’Udc, e affidata alla regia di Sbirulino, sarà risolutiva, ma il rischio che lo sia è alto.
Nell’eventualità, Berlusconi avrà di che pentirsi. Fu lui in qualche modo a riciclare il vecchio andreottiano quando ormai questi sembrava irrimediabilmente fuori gioco, condannato a vedere la politica in tivù. Cirino Pomicino non è l’unico miracolato da Silvio e poi trasformatosi in suo avversario. I fedifraghi sono parecchi. Lo stesso Casini qualcosa deve al presidente del Consiglio se è vero, come è vero, che è diventato presidente (tale quale Gianfranco Fini) della Camera coi voti del partito di plastica. Vabbè, particolari. In politica, e non solo in politica, la gratitudine è il sentimento della vigilia e svanisce in coincidenza con l’assegnazione della poltrona. Il punto è un altro.
I ribelli acquisiti dall’opposizione sono considerati degli eroi, mentre Scilipoti, che lasciò Di Pietro per confluire nella maggioranza, è descritto come il simbolo della miseria umana ed è trattato dalla sinistra con disprezzo ai limiti del razzismo. Non solo. Il mostriciattolo cosiddetto delle larghe intese, allattato dall’Udc e coccolato dal Pd, viene presentato quale novità salvifica. Ma come può essere una novità se viene tenuto a battesimo e affidato, perché compia i primi passi, a Cirino Pomicino? Possibile che i terzopolisti e i loro sostenitori progressisti non avvertano quanto tutto questo sia comico?
Sbirulino, Casini e Fini erano in auge durante la Repubblica numero uno, che hanno contribuito ad affossare; hanno attraversato la Repubblica numero due, che stanno distruggendo con accanimento; e adesso pretendono di essere gli artefici della Repubblica numero tre, ignari di imprimerle il marchio della sfiga. Chi può avere fiducia di personaggi del genere? Confesso di nutrire simpatia per Pomicino. Ricordo di averlo conosciuto nel 1990. Era ministro del Bilancio.
Mi convocò nel suo ufficio ministeriale ampio come una piazza. La scrivania era in un angolo e per raggiungerla camminai a lungo. Di lui, piccino, vedevo spuntare dietro al ripiano soltanto il volto furbo illuminato da occhi scintillanti. Mi spiegò che avevo scritto un articolo da ubriaco. Incassai senza abbozzare difesa. Gli dissi soltanto: caro ministro, mentre voi vi godete gli agi del Palazzo, fuori l’Italia sta cambiando.
Fra un paio d’anni, vi cascheranno sul cranio anche tegole della Democrazia cristiana, anzi del pentapartito. Così fu. A crollo avvenuto, Sbirulino si appalesò all’ Indipendente col quale cominciò a collaborare vergando pezzi firmati Geronimo. Buoni pezzi: nessuno meglio di lui aveva dimestichezza coi vizi dei partiti e con le loro tresche.
Quando passai al Giornale , miseguì. Mi seguì anche a Libero , salvo tornare al Giornale su richiesta (questo almeno mi disse lui congedandosi) di Berlusconi. Che ora tenta di sotterrare. Non mi stupisco, però devo assumere un Alka Seltzer.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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