Cosa fanno due che non sono daccordo ma non vogliono far sapere di essere in disaccordo? Semplice: si mettono daccordo su come nascondere il proprio disaccordo. È, più o meno, quello che hanno fatto Condoleezza Rice e Massimo DAlema perché non potevano fare di meglio. Hanno avuto un colloquio non si sa quanto serrato e ne è uscito un comunicato - con ogni probabilità preparato prima da diplomatici di carriera - che non dice sostanzialmente nulla o, come minimo, quasi nulla aggiunge. Di modo che ciascuna delle due parti può esercitare il suo diritto allo «spin», il termine che nel gergo politico americano indica rigirare le cose a propria convenienza. Così Condoleezza è tornata alla sua scrivania del Dipartimento di Stato e Massimo se ne può tornare a Roma apparentemente illeso o comunque senza lividi troppo vistosi. Su che cosa si sono messi daccordo? Nel minimizzare, appunto, il proprio disaccordo. Disaccordo su cosa? Su diversi punti, più o meno sfumato. Con un accenno di reale compromesso sullAfghanistan, senza nulla da vantare e molto da nascondere a proposito dellIrak. Gli italiani se ne vanno, lasciando o meno trentadue (forse domani laltro trentanove) istruttori delle forze armate del nuovo regime iracheno, al limite con un paio di carabinieri di scorta. E gli americani restano in Irak con 130mila e passa soldati, grandi mezzi, bombe di diversi quintali ciascuna, missili qualche volta davvero intelligenti. Entrambi i governi hanno i motivi per mantenere o imboccare strade divergenti. Entrambi lavevano, fra laltro, promesso ai rispettivi elettori. Se le strade divergono non è soltanto per diverse valutazioni delle situazioni sul terreno dalle parti della Antica Babilonia, ma perché un piccolo divorzio, o come minimo separazione più o meno consensuale, è in corso fra Roma e Washington sulle impostazioni della politica estera. Coperto abbastanza bene, nelle dichiarazioni alla fine dei colloqui fra i due ministri degli Esteri, dallassicurazione italiana che continueremo ad essere in sintonia con gli Usa, che i principi fondamentali dellalleanza non cambiano, eccetera, eccetera; e dalla riaffermazione americana che le scelte di Bush sullIrak erano giuste e non cambiano. Il tutto ammorbidito dalle buone parole di DAlema sullAfghanistan e dalla buona volontà manifestata da ambo le parti perché in qualche modo il ruolo di Roma a Kabul si estenda, o almeno paia estendersi. È più facile trovare formule di compromesso sul da farsi che non sulle modalità del disfarsi, soprattutto quando viene a mancare quel feeling particolare nelle relazioni bilaterali che il governo Berlusconi era riuscito a creare nonostante le molte difficoltà e i costi politici. Che cosa lo sostituisca non è chiaro e non ci si aspettava che venisse fuori dai colloqui di ieri. La linea americana è, anche sul piano lessicale, troppo «semplice» per i gusti del ministro degli Esteri di un governo come quello di Prodi. E la sintassi prodiana troppo contorta, anzi incomprensibile per gli americani. Che comprensibilmente faticano a distinguere, a proposito della decisione italiana di richiamare il contingente dallIrak, fra un «ritiro alla spagnola» e un «ritiro allolandese». «Ritirarsi ma rafforzare la nostra presenza» è frase difficile da tradurre in «americano», ciò che non può non riflettersi sulla fiducia di Washington in unintesa con Roma sui temi del futuro, e quindi ancora aperti e più importanti di quelli del passato: non solo Afghanistan, ma per fare il massimo esempio, lIran. Le sanzioni che Bush è pronto ad imporre costano, non solo politicamente, ma una presa di distanza troppo scoperta anche su questo punto avrebbe sì conseguenze pesanti sui rapporti fra i due Paesi. Paradossalmente se è a proposito dellIrak che la crepa più vistosa si è aperta, è sullIrak che si è realizzata nei colloqui di Washington la curiosa «convergenza» di cui abbiamo parlato allinizio. Il governo italiano può compiacersi di raccontare alla sua eterogenea maggioranza parlamentare di aver mantenuto la promessa elettorale di richiamare a casa i soldati e voltare pagina; ma ha un interesse altrettanto forte a «coprire questa ritirata agli occhi americani con blande assicurazioni, dichiarazioni di solidarietà imperitura e qualche concessione riservata a proposito di altre aree geografiche. E cè un interesse da parte americana a evitare polemiche troppo aperte, che richiamerebbero lattenzione dellopinione pubblica sul fatto che un altro fra gli alleati più importanti nellimpresa irachena ha deciso di chiudere lesperienza.
Non è un precedente comodo per lamministrazione Bush, perché potrebbe fornire alibi ad altri Paesi e soprattutto contribuire alle pressioni in corso su Blair per un disimpegno britannico. Meglio per tutti, dunque, velare un poco la realtà. La nuova atmosfera fra Roma e Washington non consente di meglio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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