Un giugno dopo, siamo qui a ripercorrere questi dodici mesi della Milano di Letizia Moratti. Mettiamo subito le carte in tavola: il nostro giudizio, a parte qualche neo forse evitabile, è positivo. Quello che ha fatto il sindaco per la sicurezza della città, non era mai stato osato da nessuno. Per smuovere il ministro dell'Interno Giuliano Amato, non c'era altra soluzione che riempire la piazza come è successo il 26 marzo. Quanti erano? Cinquantamila. E non erano esagitati con bombolette spray e passamontagna, ma gente normale che ha sfilato, per usare una parola purtroppo fuori moda, con civiltà. Una manifestazione così, senza vetrine rotte e scritte contro i caduti di Nassirya, non si vedeva da anni.
Ma il motivo che ha spinto i milanesi in strada era serio, serio davvero. Mancavano poliziotti, non qualche decina ma 500, e adesso (con la letargica calma che regna nei palazzi romani) iniziano ad arrivare i primi rinforzi. E ci auguriamo che per i responsabili di scippi, rapine, truffe agli anziani e violenze varie siano finiti i tempi del tanto non mi prendono. Troppo spesso dobbiamo pubblicare notizie in cui il delinquente di turno si è dileguato, soltanto perché le pattuglie di polizia e carabinieri erano impegnate in altre operazioni. Magari più importanti, ma è la cosiddetta microcriminalità (che di micro ha solo il nome ma è un maxiproblema) quella che più colpisce i milanesi.
Grazie alla Moratti i Comuni delle città più grandi hanno firmato con il governo un patto per la sicurezza.
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