Domani prova del fuoco al Senato «Mai un governo così di sinistra»

L’accusa di Casini. Berlusconi: «È un esecutivo calibrato col bilancino per durare. Io non mollo, ma gli alleati devono seguirmi, non farmi la guerra»

Domani prova del fuoco al Senato «Mai un governo così di sinistra»

Massimiliano Scafi

da Roma

Diciassette maggio, ore 17. C’è chi fa le corna e chi, come Vannino Chiti, fa «il segno della croce con la mano sinistra». Intanto chiamano a giurare Antonio Di Pietro e si fulmina il lampadario del Salone delle Feste. Fuori c’è il sole ma il mare politico non è certo tranquillo quando, 17 ore dopo l’incarico, Romano due molla gli ormeggi. Le prime sfide sono con i numeri. Quelli della cabala non promettono nulla di buono: anche dieci anni fa Prodi partì il 17 maggio e restò in carica due anni. «Stavolta però - dice - almeno non è venerdì. Vedrete, dureremo tutta la legislatura». E quelli, strettissimi, della maggioranza al Senato: venerdì all’ora di pranzo la conta sulla fiducia.
Al Quirinale, vestiti blu, foto di gruppo e qualche matricola emozionata per la cerimonia del giuramento. Il Professore è ottimista: «Questo è un gruppo unito e coeso, molto più omogeneo di quanto non venga descritto. Siamo una compagine, non un insieme di individui». Rilassato pure Giorgio Napolitano, al termine del suo battesimo di fuoco da presidente della Repubblica: «Sono soddisfatto che si sia composta la squadra, poi giudicherete voi e naturalmente giudicherà il Parlamento». Nel pomeriggio, la scelta dei sottosegretari. Già stamattina il nuovo governo si presenterà a Palazzo Madama: ventiquattr’ore di dibattito prima della fiducia, prevista per le 13, altro numero simbolico. Lunedì appuntamento alla Camera, dove però la strada è più spianata.
A Palazzo Chigi, il passaggio di consegne con Silvio Berlusconi è previsto per le 18 in punto, ma l’incontro protocollare diventa subito molto di più di una photo-opportunity. Mentre i giornalisti e i rispettivi staff aspettano nella Sala delle Galere, il Cavaliere e il Professore si chiudono infatti per più di un’ora nello studio del presidente del Consiglio. Un colloquio che va «al di là delle formalità» e che Prodi definisce «amichevole e cordiale, molto utile per il Paese». Sorridono ancora i due, quando spuntano fuori e officiano il rito della consegna della campanella, lo strumento d’argento che regola i lavori del Consiglio dei ministri. Il premier uscente mostra come si usa: «Da chierichetto salesiano il facevo così, uno, due e tre». I due Letta sottosegretari che si scambiano il posto, lo zio Gianni e il nipote Enrico, si baciano e si abbracciano.
Tocca al Cavaliere chiudere la cerimonia, con un «ringraziamento a tutti quelli che ci hanno seguito in questi cinque anni», un «buon lavoro presidente» e un’uscita di scena freudianamente dalla parte sbagliata, da quella dello studio. «C’è una porta anche lì...», spiega, prima di passare in rassegna il picchetto d’onore nel cortile. In piazza trova un gruppo di giovani di Forza Italia: «Silvio, non mollare». «No, non mollo. Anzi, ci vediamo presto, magari organizziamo una cena tutti insieme». E in serata a Palazzo Grazioli confida ai collaboratori le sue prime impressioni: «Non facciamoci illusioni, questo è un governo calibrato con il bilancino e studiato per durare. Stavolta, se vogliono tornare in partita, gli alleati dovranno seguirmi e non farmi la guerra».
Per Prodi, otto anni dopo, «è una bella giornata». «C'è grande emozione - racconta - e grande senso di responsabilità perché l'italia si aspetta molto e non bisogna sbagliare. Bisogna essere generosi con il nostro Paese perché ci ha dato tanto».
Pierferdinando Casini annuncia «un’opposizione dura e senza sconti, la gente ci chiede di non ammainare le bandiere, c’è un governo che non è mai stato così a sinistra». E il dialogo? «Il dialogo c’è sempre, ma senza confondere i ruoli. L’impianto sociale di questo governo va contro quello che chiede il nord produttivo».

Il portavoce di An Andrea Ronchi dice che «l’esecutivo di Prodi riporta indietro l’Italia». Dura anche la Lega. «Già l’insediamento - commenta Roberto Calderoli - corrisponde a un’impennata della spesa pubblica. Se il buon giorno si vede dal mattino...».

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