Il don Camillo che ha rilanciato la Chiesa

da Roma

Il segretario della Cei Betori lo ha detto tradendo una profonda emozione: la presidenza di Ruini non è stata solo «arida dottrina, ma una figura di esistenza cristiana e pastorale... Ciascuno di noi in questi anni si è infatti sentito sostenuto da gesti e sentimenti di amicizia e di ricco rapporto umano». Un aspetto, questo, che è emerso poco. Camillo Ruini, il «cardinal sottile», è stato infatti sempre dipinto come un freddo e astuto ragionatore, uno stratega della politica e ancora in questi giorni, alla vigilia del cambio alla presidenza, gli esponenti dell’intellighenzia della scuola bolognese di Alberigo lo hanno rappresentato più come un capo partito che come un sacerdote e un vescovo. Lui, il protagonista di tante battaglie, che ha guidato la Cei in anni cruciali per la vita del Paese, segnati dalla fine dell’unità politica dei cattolici, è stato capace di riaffermare quell’unità attorno ad alcuni valori fondamentali, pur nelle diverse opzioni di schieramento politico. E ha saputo far diventare la Chiesa italiana protagonista del dibattito culturale, capace di gettare ponti verso il mondo laico.
Ruini ha rilanciato il ruolo missionario delle parrocchie, ha lavorato perché movimenti e associazioni, pur con le loro diversità e peculiarità, si sentissero parte dell’unico corpo ecclesiale. È stato anche un osservatore attento di quanto accaduto negli ultimi anni negli Usa, con l’affermazione degli «evangelicals». A suo avviso, i cambiamenti seguiti al dramma dell’11 settembre e il crescente fenomeno dell’immigrazione hanno provocato in Italia «un risveglio e una rinnovata presa di coscienza della nostra identità religiosa e culturale cristiana, a livello di popolo e anche in una parte ampia e significativa della cultura laica».
Ma questo è il Ruini ben noto alle cronache. Quello più privato, poco conosciuto, è un uomo distante mille miglia dall’immagine del freddo calcolatore politico che gli è stata affibbiata in questi anni. Un giornale arrivò persino a scrivere che come hobby, Ruini collezionava soldatini e carri armati, un piccolo esercito personale da muovere al riparo da sguardi indiscreti. Una notizia falsa, falsissima.
Un ritratto inedito e degno di fede del Ruini privato è quello che invece emerge dalle parole di un’amica, l’avvocato matrimonialista Paola Mescoli Davoli, che lo ha conosciuto nel 1960 quando era universitaria e don Camillo - che poi ha celebrato il suo matrimonio e ha battezzato i suoi figli - faceva l’assistente dell’associazione «Laureati Cattolici». Paola Mescoli ha ricordato alcuni trascorsi del cardinale in un’intervista al Giornale di Reggio: «Veniva di sabato a casa nostra. Ha condiviso la quotidianità. Tutte e quattro le volte che ho partorito, era tra i primi a venirmi a trovare e portava cose semplici. Conservo ancora le tutine da neonato o i set per la pappa. Quando si trasferì a Roma, gli altri sacerdoti ci chiamavano gli “orfani di Ruini”. La difesa della famiglia che sta fecendo ha le sue radici dall’aver vissuto l’esperienza e le difficoltà di una famiglia».


L’avvocato Mescoli ricorda che Ruini «formò e preparò per le elezioni scolastiche gli “Studenti Democratici”. In una zona dove c’era l’egemonia totalitaria comunista della Fgci». Esperienze che sono servite al don Camillo diventato «cardinal sottile».

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica