Marta Ottaviani
Lo hanno fatto ancora. Per la terza volta in sei mesi un prete cattolico è stato aggredito in Turchia. Pierre Brunissen, francese di 74 anni, ieri è stato accoltellato alle spalle mentre usciva dalla sua abitazione a Samsun, sulla costa orientale del Mar Nero. Ferito alle gambe è stato portato subito all’ospedale universitario della città. Secondo i medici non si trova in pericolo di vita e le sue condizioni generali sono buone, se si eccettua il fatto che ha perso molto sangue. Autore del gesto uno squilibrato di 47 anni, in passato sospettato di aver ucciso sua madre. Il religioso lo conosceva bene e lo aveva appena ricevuto a casa sua per un breve colloquio.
Secondo una prima ricostruzione, l’uomo sarebbe andato a trovare Brunissen nella sua abitazione, che dista circa un chilometro dalla chiesa Mater Dolorosa dove il parroco esercita il suo magistero. Dopo un breve colloquio i due sono usciti dall’edificio. A questo punto l’assalitore ha tirato fuori un coltello e colpito padre Brunissen alle spalle, ferendolo alla coscia e al polpaccio. Ora si trova in stato di fermo e non si conoscono ancora le motivazioni dell’aggressione. L’unica cosa certa è che tre agguati a danni di religiosi cattolici in Turchia sono troppi.
Sono passati meno di sei mesi da quella tragica domenica del 5 febbraio, quando don Andrea Santoro, parroco di Trebisonda, fu ucciso a colpi di arma da fuoco da Ouzan Akdil, di appena 16 anni, fuori dalla chiesa di Santa Maria. Il giovane dichiarò di averlo ammazzato perché sconvolto dalla pubblicazione in Danimarca delle vignette contro il profeta Maometto. Il processo contro l’omicida è ancora in corso, ma tenuto sotto tono, come se qualcuno avesse deciso che il fatto non debba più fare rumore. Quattro giorni dopo, il 9 febbraio, Matin Kmetec, sacerdote sloveno, fu assalito nella sua abitazione di Smirne da un gruppo di fanatici al grido di «Allah Akbar». Anche in questo caso si parlò di elementi isolati.
Se non fosse per l’esito diverso, la vicenda di di padre Brunissen ricorderebbe quella di don Andrea Santoro in modo quasi inquietante. Il parroco infatti esercita il suo magistero a Samsun, una città che dista circa 350 chilometri da Trebisonda, sulla costa orientale del Mar Nero, dove da qualche anno, oltre ai venti gelidi della Russia sembrano spirare anche quelli dell’odio e del fanatismo. Come don Santoro viveva nell’Est della Turchia da anni e anche lui aveva ricevuto ripetute minacce da parte di bande di fanatici locali e per qualche tempo gli era stata affidata una scorta. Qualche anno fa, era persino finito sotto processo per proselitismo religioso, accusa da cui il tribunale penale di Samsun lo aveva assolto.
Era stato proprio don Brunissen a occuparsi provvisoriamente, per qualche settimana, della chiesa di Santa Maria dopo l’assassinio di don Andrea, in quella Trebisonda così grigia e desolata, dove di notte si vedono solo lucciole e di giorno bandiere del Mhp (il partito ultra nazionalista legato ai Lupi Grigi ndr). Lo scorso 5 marzo don Brunissen, con una messa di suffragio per il prete ucciso, aveva riaperto quella chiesetta. Ieri ha rischiato di essere ucciso, ennesima vittima dell’intolleranza e dell’odio.
E adesso tutti gli occhi sono puntati verso Ankara, verso quel governo che si definisce «islamico-moderato» e che proprio in queste settimane ha iniziato ler trattative per entrare in Europa. Un Paese dove la Camera di commercio della capitale, appena due mesi fa, ha condotto uno studio sui luoghi di culto e i metodi di finanziamento delle altre confessioni religiose, desumendo che facevano troppo proselitismo. Dove, stando ai risultati di un sondaggio pubblicato in aprile dall’autorevole settimanale Tempo, il 64 per cento della popolazione è contrario al matrimonio con una persona di religione diversa.
Quello che molti si aspettano è l’ammissione che i fatti di Trebisonda e Samsun non sono casi isolati, gesti di folli privi di organizzazione e mandanti, come le versioni ufficiali e buona parte della stampa turca vorrebbero far credere. La situazione è difficile. Il rischio, che molti si ostinano a non vedere, è che ora potrebbe anche sfuggire di mano.
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