Dottori omeopati a confronto sul valore delle cure

«Apra signora, è la polizia!». Ma Marjorie Randolph non ci voleva credere: «Non mi fido. Mi faccia vedere i documenti...». Sono le cinque del pomeriggio quando tre uomini della mobile la raggiungono nel suo appartamento al civico 38 di via Fratelli Bronzetti. Lei si affaccia appena: occhi spaventati, carnagione molto chiara e capelli color cenere, lasciati sciolti sulle spalle. Poi la porta si richiude, e comincia l'interrogatorio, interrotto solo dall’arrivo della polizia scientifica.
È americana la signora Randolph e la sua cadenza da straniera si avverte subito, nonostante ieri abbia pronunciato ben poche parole: «Ho solo suggerito delle possibili aggiunte di vitamine - ha sussurrato la settantenne, restando nascosta dietro la porta di casa - ma non ho dato consigli per niente non ho mai detto di fare questa cura». Poi ha aggiunto: «Vi voglio tanto bene ma con voi giornalisti non posso parlare. Spero che nei prossimi mesi e anni possiate aiutarmi a fare giustizia e chiarezza su questa vicenda». Al centro della «vicenda» per la quale è indagata per omicidio, la morte di una ragazza, sedici anni appena compiuti. Si chiamava Alessandra e viveva a Firenze, lo scorso luglio le era stato diagnosticato una forma di diabete mellito di tipo I. Forse non era riuscita ad accettare la dipendenza dall’insulina, o forse i suoi genitori, pur di liberarla da questa schiavitù, avevano deciso di rivolgersi alla Randolph. Sembra che sia stato un omeopata bolognese ad indirizzarli presso lo studio di Udine, dove la signora americana l’avrebbe convinta a sostituire l’insulina con delle vitamine. «Una scelta assurda, che nessun medico potrebbe mai fare», chiarisce Lionello Milani, omeopata e presidente dell’Accademia internazionale di medicina fisiologica di regolazione -. L’omeopatia è una tecnica terapeutica, non può curare il diabete». Non vuole che venga fatta confusione il dottor Milani: «Questa signora non era un medico e quindi non poteva prescrivere farmaci omeopatici. Sarebbe sbagliato screditare un’intera categoria per colpa di una furfante». Cristiano Rumio, professore presso il Dipartimento di morfologia Umana dell’Università degli Studi, di questa faccenda si è fatto un’idea ben precisa: «La morte di questa ragazza porta a galla un grave problema culturale: la gente sta perdendo la fiducia nella medicina tradizionale».
Su e giù per i gradini della scala D, i vicini non riescono a crederci. «Guardi che quella donna non sta bene - racconta l’anziana che vive proprio nell’appartamento sotto al suo - ha le gambe piene di pus, fa fatica a muoversi». Altri però ricordano che qualche mese fa era tutto diverso, «prima di ammalarsi non era mai in casa - rammenta la dirimpettaia - e quando c’era, suonava il suo antico pianoforte e cantava, a tutte le ore, anche la notte». Musica e libri - «in casa sono ovunque» -: di lei si conoscevano solo queste passioni. Ma delle sue virtù curative niente, nessuno dice di aver mai saputo che professione esercitasse. «Non riceveva mai visite - precisano - quindi i genitori di questa povera ragazza non possono essere venuti fin qui, altrimenti qualcuno se ne sarebbe accorto».

L’ultima ricordo? «Poco tempo fa l’ho vista seduta in giardino, con le gambe completamente coperte di cellophane». Poi un’altra vicina aggiunge: «Una volta venne un’ambulanza a prenderla, ma lei si mise a piangere e si rifiutò di farsi accompagnare in ospedale. Era davvero strana...».

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