Per gli abitudinari il ritorno al passato può anche apparire rassicurante, un segno di continuità, una confortante certezza che nulla cambierà e che la consolidata pigrizia non sarà scalfita. Per chi, invece, desidera il cambiamento, linutile ripetizione del giù visto testimonia la mancanza dimmaginazione e, perché no, di coraggio. Il ritorno alle «domeniche a piedi», a Milano e in tanti altri comuni della Lombardia, è una rassegnata ammissione dimpotenza di fronte al problema dellinquinamento. Si va a memoria, si fa quel che si può, fingendo dignorare che le «domeniche azzurre» aiutano molto poco, che non servono a battere le polveri sottili, che magari scenderebbero egualmente posto che nei giorni di festa il traffico commerciale praticamente si arresta.
La verità è che si è deciso di non decidere misure più radicali ed efficaci (il ticket sarebbe potuto anche andar bene se il bollettino politico non avesse preannunciato unaltra grandinata di tasse); manca un progetto chiaro e comprensibile, di fronte al quale anche i cittadini utenti avrebbero potuto scegliere la strada dei sacrifici.
Teniamo alcuni punti fermi. Migliaia e migliaia di abitanti hanno bisogno, veramente bisogno, dellauto anche di domenica e non hanno la possibilità, pur essendo disposti a spendere di più, di noleggiare o condividere unauto che possa circolare: linchiesta pubblicata ieri dal Giornale toglie ogni alibi e ogni illusione. Secondo, resta il sospetto che le domeniche azzurre più che a combattere linquinamento servano a «scoraggiare» il traffico privato in quanto tale: uninutile vessazione.
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