Cultura e Spettacoli

«DR HOUSE», UN MEDICO VINCENTE

Il pubblico italiano si è innamorato del Dr.House (mercoledì su Italia 1 ore 21)e la cotta è ben riposta, regge ai vergognosi cambiamenti di programmazione settimanale (brutta abitudine galoppante nei palinsesti televisivi), raduna sempre e comunque frotte di fedelissimi che ingoiano la rabbia per come viene trattato il loro medico preferito e non si perderebbero una puntata neanche se la spostassero la mattina della domenica alle 8 (si fa per dire, vediamo di non esagerare con la pazienza dei teleutenti). Perchè piace tanto, il dottor House? Certamente per il carattere originale della serie, che si distingue dagli ormai innunerevoli telefilm ambientati in ospedale. Indubbiamente per la scelta degli attori, bravi e ben guidati, e per i dialoghi briosi e pungenti. Ma la stessa carismatica interpretazione del protagonista, l'attore di formazione teatrale Hug Laurie, non basterebbe a spiegare il successo della serie senza che fosse stata azzeccata come accade di rado la tipologia caratteriale di questo scorbutico esperto di malattie infettive. Il dottor House piace perchè è un negletto altruista, un perfido sincero, un razionale intuitivo, un arrogante incurante di ogni corretta profilassi dei rapporti interpersonali, incapace di scrollarsi di dosso l'alone di scontrosa supponenza persino quando scampoli di tenerezza fanno capolino nella sua scorza solitaria. Diverte e affascina perchè gioca in modo creativo con le situazioni, scompagina le attese, cambia le prospettive, un po' per spirito di contraddizione e un po' per capire, per fare in modo che la stessa malattia venga irretita e si renda vulnerabile, stanata dalle sue provocazioni. È uno che, a volte, arrischia diagnosi e terapie simili a un triplo salto mortale carpiato senza rete di protezione. Ma alla fine ha partita vinta, e l'esito quasi sempre felice del suo braccio di ferro con i virus nascosti è l'unica concessione buonista di un copione pieno di scoppiettanti asperità. Che importa, poi, se le storie sono spesso troppo contorte per risultare realiste. Chi se ne importa se è impossibile che tutte quelle eccezioni rarissime, che dovrebbero capitare una volta al massimo nella vita di un medico, si susseguono con impressionante regolarità. Il dottor House è così bravo che ci fa quasi dubitare che siano tutti gli altri medici, in realtà, a non capire, o forse a non interessarsi abbastanza al prossimo per arrivare al nocciolo del problema e salvargli la vita. Piace anche, Gregory House, per come si concia da «e chi se ne frega di quello che dicono di me», per la musica che ascolta, per le pause pranzo malsane e base di panini e soap opera. Piace, forse, perchè non fa nulla per piacere.

O è così bravo, pure in questo, a farcelo credere.

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