Il dramma dei tre bimbi abbandonati: soli e con il loro vero papà in prigione

nostro inviato ad Aosta

Hanno scritto che quando soffre un bambino il mondo dovrebbe fermarsi. Piace pensarla così, anche se il mondo non si è mai fermato neppure davanti ai grandi numeri della sofferenza infantile. Qui ad Aosta ce ne sono tre, protetti in una comunità blindata, al riparo dai pruriti dei tritacarne mediatici. Nessuno sa se siano solo tre trovatelli, con i genitori in giro da qualche parte, o tre orfani. Sono ancora molto piccoli, per comprendere un'odissea così grande. Il primo e il secondo, quattro e due anni, però chiedono. Al terzo, sette mesi, resta la percezione ancora ancestrale di una simbiosi brutalmente interrotta. Insieme, sono attesi da un domani cupo e indecifrabile: comunque, la loro madre non sarà più la loro mamma. La giustizia tedesca ha già deciso che non li merita, che non è all'altezza della missione, e domani se li verrà a prendere per affidarli ai servizi sociali, in attesa di capire se la nonna potrà diventare una degna e affettuosa sostituta.
La pena più grande e indicibile è inevitabilmente per loro, per le tre creature abbandonate in una serata piovosa, dentro una pizzeria italiana, a tanti chilometri da casa. Forse, stava scritto che dovesse finire così. Perché non si può dire che la loro avventura in questo mondo sia segnata dal calore e dagli affetti familiari. Il papà vero, che ha generato i due più grandi con la mamma sventurata, sta in galera dal 2007. Due anni e otto mesi di pena per il più truce dei reati: in una serata di rabbia, scosse così brutalmente una terza sorellina, di appena sette settimane, da ucciderla. Quella volta, i giudici tedeschi non ritennero di sottrarre i due sopravvissuti alla madre, credendo almeno lei affidabile. Visto adesso, un abbaglio clamoroso. La giovane Caterina, nel frattempo, ha fatto un altro figlio con l'attuale compagno, ma a sua volta non ha esitato ad abbandonare l'intera prole nel cuore della val d'Aosta.
«Sono tre bambini bellissimi - mi racconta Ezio Gevroz, il titolare dell'albergo Joli, dopo averli ospitati -: davvero, sono i bambini che tutti vorremmo avere. Già al loro arrivo, sabato verso sera, mentre mamma e papà mi chiedevano le due camere, matrimoniale per sé e tripla per i piccoli, loro se ne sono stati lì tranquilli, nella hall, senza dire una parola, senza fare capricci, come tanti bambini dei nostri... ».
Gli chiedo se i genitori manifestassero qualche stranezza, lui allarga le braccia: «Niente. Se vogliamo dire che non erano vestiti bene, che sembravano un po' spartani, diciamolo pure: ma sa quanti tedeschi in vacanza, magari milionari, io vedo conciati così? L'uomo non ha mai parlato, lasciava parlare lei, che si arrangiava con l'inglese. Che donna è? Sembra la classica studentessa tedesca. Vestita alla buona, ma gentile ed educata... ». E poi? «Sono ridiscesi più tardi per andare a cena qui nel nostro ristorante: hanno mangiato spaghetti. Lì è nato subito il guaio: la Visa era inutilizzabile. Dal ristorante me l'hanno detto, ma la signora stessa, tornata qui, mi ha chiesto di provare con il mio apparecchio: niente, “transazione negata” anche per me. Lei è arrossita, ha fatto segno che le batteva forte il cuore, ha cercato di dirmi che lunedì mattina avrebbe risolto tutto chiamando la banca... Poi sono risaliti in camera. Lì sono rimasti fino a domenica sera. Ma non mi sono preoccupato: pioveva forte, domenica, la classica giornata di camera e tv. Con tre bambini, poi. Che non prendessero la colazione non mi ha stupito: tante famiglie si arrangiano in camera... Infine, verso sera, sono usciti dicendo che andavano in pizzeria. Non li ho più visti. Intorno alle nove, mi ha chiamato il pizzaiolo del Capanno, che aveva trovato la chiave dell'albergo sul loro tavolo. “Sono tornati lì da te?”, mi chiede. No, rispondo. Ho sentito subito che è andato in panico: “Mio Dio, ha detto, qui bisogna chiamare la polizia”.
In pizzeria, prima della sparizione, la scena è sempre la stessa. I due bambini più grandi sono disciplinati, educati, diligentemente a tavola, mangiando la pizza. Il più piccolo invece piange, nel seggiolino. Ma stranamente i genitori non si scompongono. Poco dopo la madre esce per fumare, quindi lo segue il compagno. Dopo dieci minuti, nel locale si allarmano un po' tutti. Il piccolino strilla, gli altri due invece sono tranquilli: sanno che la mamma sta per tornare. Ancora una volta, il loro candore è malriposto. Dopo il papà naturale, finito in galera come manesco assassino, sparisce pure la mamma. «Ci hanno fatto tenerezza - dicono in pizzeria -: al piccolino abbiamo cercato un pannolino per il cambio, gli altri si sono lasciati un po' coccolare dai clienti, fino a quando non è arrivata la polizia, con gli assistenti sociali... ».
Sempre bravissimi, sempre inconsapevoli e fiduciosi. Anche dopo, in ospedale, dove li portano per qualche accertamento. E persino poi, nell'istituto che improvvisamente diventa la nuova casa. Con tanti amici, ma senza genitori.
Al passare delle ore, dentro la loro anima acerba e istintiva, affiorano domande spontanee e irrisolvibili: dove sono, perché non tornano, la mamma e il nuovo papà? La spiegazione che ci diamo noi grandi è complicata. Davanti a una storia tanto disgraziata, viene da dire che certi genitori dovrebbero guardarsene bene, prima di procreare. E se anche si vuole ipotizzare che abbiano inteso lasciare i figli, dopo l'ultimo naufragio con la Visa prosciugata, a qualcuno più degno, come una specie di estremo gesto d'amore, ecco, persino in questo caso restano imperdonabilmente colpevoli. Siamo nel campo del delirio. In natura, i mammiferi umani non abbandonano mai i propri cuccioli, nemmeno nei momenti più disperati.
Sì, aspettando i colpi di scena, questa storia si ferma come un orologio collassato davanti alle domande pietose di povere creature abbandonate.

Come tutti i cuccioli del mondo, chiedono della mamma. Ma per quante risposte possa inventarsi la buona psicologia, nessuno è in grado di dare l'unica che a loro servirebbe davvero. La mamma è qui, vi vuole stringere forte.

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