Due calci liberatori a chi difende Teheran

Ho letto su «Asia News» che in Iran «le donne si levano la vita con più frequenza degli uomini». Secondo la Scuola di medicina Mazandaran, che ha analizzato 318 cadaveri carbonizzati negli ultimi due anni, l’83% erano di donne. La metà era morta dandosi fuoco, le altre le avevano bruciate dopo. Il suicidio delle donne è la seconda causa di morte in Iran. Ogni giorno, l’ospedale Loqman della capitale, Teheran, ricovera decine di pazienti che hanno cercato di togliersi la vita. Ma non se ne parla, vista la censura che il governo iraniano esercita, e le stesse strutture mediche cercano di tenere nascosti questi dati.
Poi ho letto che il Majlis, il Parlamento del regime iraniano, «ha rivisto» il piano sulla modalità di abbigliamento delle donne per ottenere l’approvazione del Consiglio dei guardiani. Una commissione, composta da rappresentanti di ministeri della cultura e dell’orientamento islamico, dell’insegnamento superiore, dell’industria e del commercio, della radio e della televisione nazionale, di tre rappresentanti delle industrie interessate (stilisti) e di un rappresentante della commissione della cultura del Majlis, che è l’ispettore, ha approvato.
Solo due notiziole a caso dal Paese dei sacerdoti e grandi ispiratori dell’islam. Le conoscevo, o le potevo intuire: sono ventisei anni che mi occupo di politica internazionale, molti di più di impegno femminista.
Però era appena stata diffusa una dichiarazione di Francesco Cossiga, che, con la libertà e la brutalità abituali, stronca il nostro partecipato dibattito su quell’orrendo e miserabile personaggio che risponde al nome di Ahmadinejad. «Tutti sanno - spiega Cossiga - quale sia la mole dei nostri rapporti commerciali con l’Iran, e che ben duecentocinquanta industriali e finanzieri faranno una grande festa in cui se Ahmadinejad dirà che Israele deve sparire dalle carte geografiche, schizzeranno in piedi applaudendo. Tutti sanno che i nostri soldati in Afghanistan hanno solo il compito di distribuire scatolette e gallette proprio per non urtarsi con l’Iran, e che sotto la impareggiabile guida del generale Graziano (che sembra attendere il suo rientro in patria per convertirsi all’islam) in Libano le forze italiane sono state schierate per permettere ad Hezbollah di farsi riarmare da Siria e Iran».


Allora ho pensato di riunire un po’ di ragazze invecchiate, farci dire se e dove si tiene la grande festa e, non riuscendo a prendercela con il miserabile, tirare due o tre calcioni a qualcuno dei duecentocinquanta. Per puro piacere, e senza rancore.

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