"Due donne contro i cliché. Anche quelli del metoo"

Il re del thriller racconta il nuovo romanzo "Il sospetto" in cui una poliziotta è indiziata di molestie sessuali

"Due donne contro i cliché. Anche quelli del metoo"

«A trentatré anni considero ancora impossibile un legame permanente, figuriamoci il fare coppia da quando non hai ancora l'età per la patente»: è così, decisa ed eccentrica, la «Pinky» di Scott Turow, protagonista di Il sospetto, il nuovo romanzo dello scrittore di thriller tra i più venduti al mondo (oltre trenta milioni di copie), appena uscito in Italia per Mondadori (pagg. 384, euro 22, traduzione di Sara Crimi e Laura Tasso). Clarice «Pinky» Granum, investigatrice privata, 33 anni, bisessuale, è anche la narratrice in prima persona della vicenda, che si apre con l'accusa a Lucia Gomez «The Chief», capo della polizia dell'immaginaria Kindle County, Midwest americano, di molestie sessuali, alla faccia dello stereotipo #metoo che vede la donna eterna vittima. «Pinky» lavora per l'avvocato che difende la Gomez e l'indagine si trasforma ben presto in un'avvincente catalogo di tipi, ivi compreso un ex poliziotto cattivissimo, ora immobiliarista, «Il Ritz», che ha parecchio a che fare con la soluzione del caso.

Turow, nato a Chicago, classe 1949, autore di dodici bestseller tradotti in quaranta lingue, tra cui Presunto innocente e L'onere della prova, e spunto per film e serie tv (ma anche, in qualità di avvocato ed ex procuratore, saggista di Harvard) si cimenta qui nei temi cari alla letteratura woke, ma lo fa a modo suo, mettendo al centro il potere e la morale e non le questioni di genere. Lo scrittore è in Italia per presentare il libro e sarà sabato 25 febbraio a Cortina d'Ampezzo per Una montagna di libri e il 26 a Firenze per il festival Testo.

Come è nata «Pinky», un personaggio così diverso dai suoi precedenti?

«Era un personaggio secondario in L'ultimo processo, che aveva al centro suo nonno Sandy Stern, grande avvocato che nel film tratto da Presunto innocente era impersonato da Raúl Juliá. Quella Pinky era piaciuta: era un tipo fuori dagli schemi, i lettori mi dicevano Funziona! e ho pensato: Diamo anche a lei un libro tutto suo. Già ci era noto dalla viva voce del nonno che lei era bisessuale e faceva una serie di cose che ai giorni nostri non sembrano così strane, ma agli occhi del nonno lo erano eccome: tatuaggi dal collo alle caviglie e una specie di chiodo che ti passa per il naso... Strano, no?».

Una giovane donna, una generazione lontana dalla sua: come è entrato nel suo mondo?

«Il fatto che sia donna non è una sfida così grande: mi pare di conoscerle, le donne. Anche il fatto che sia bisessuale non mi sembrava difficile da capire e comunque qualche domanda ai bisessuali per le cose che non mi erano chiare l'ho fatta. L'unico vero ostacolo è stato forse quello della differenza generazionale. Ricordo a questo proposito un aneddoto. Anni fa a una conferenza a Robert Parker, un autore di gialli, venne posta la stessa domanda: Lei come si documenta?. Rispose: Sono un bravo dattilografo. Ho anche io a disposizione trentenni da osservare: mia figlia, le figlie della mia seconda moglie... Leggo, vado su internet, osservo, mi porto a casa qualche appunto. Mi è successo però anche qualcos'altro: a un certo punto ho cominciato a capirla dentro. Pinky è una persona che sta facendo i conti con il fatto di essere diversa, di non volere la stessa vita che hanno gli altri e decide che nella realtà suburbana degli Stati Uniti non ha più voglia di tornare».

Innocenza e ribellione: qualcuno l'ha addirittura paragonata a Holden Caulfield.

«Lo capisco: Il giovane Holden era la voce di quella generazione che pensava che tutto quello che fanno gli adulti sono stronzate. Pinky ha un atteggiamento molto simile, un po' adolescenziale».

Nulla in comune con Lucia Gomez, il personaggio colpevole.

«Pinky ammira qualsiasi altra donna che si sia fatta strada: anche la Gomez, perché è diventata il capo in un mondo professionalmente dominato dai maschi e ha abitudini e modi di comportarsi che sono a cavallo tra un genere e l'altro. Alla fine resta un po' delusa dal capo Gomez, ma non è certo la mia Pinky che pretende uno standard di purezza dalle altre persone, visto che su questo terreno nemmeno lei la farebbe franca. Ciò che la legge imputa al capo Gomez è un'aggressione di tipo sessuale: nel vocabolario personale di Pinky, questo non è un reato».

Evoluzione del crimine ed involuzione morale: nel 1990 lei creò Rusty Sabich, un uomo che apparteneva alla legge. Che cosa avrebbe lui oggi da dire a «Pinky»?

«Di recente sono stato intervistato da una giornalista della Bbc che mi ha fatto notare che Il sospetto è il primo libro che scrivo dal punto di vista di un protagonista che non è un avvocato, che non ha prestato il giuramento di tutelare e difendere in ogni caso leggi e costituzione. Nel bene o nel male, Rusty è un uomo di legge: è quello che segna tutta la sua vita e il suo destino.

Al pari di Rusty, la mia Pinky crede in giustizia ed equità, ma ha un'idea di morale che non è necessariamente legata alla morale come viene espressa e tutelata dalle leggi. Una conversazione tra i due sarebbe interessante: Rusty potrebbe provare ad accettare questa donna, ma credo che in fondo al cuore non ci riuscirebbe».

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