E la Cassazione vieta alla mamma di insultare la prof

Roma Il figlio è stato bocciato a scuola? La madre non può insultare il professore. Anche se è infuriata, anche se il cuore di mamma la spingerebbe a difendere il «somaro» a spada tratta, si deve tenere tutto per sé. La Cassazione è stata chiara: le mamme non possono prendersela con i professori se i loro figli vengono bocciati per scarso rendimento. Anzi. Le signore vanno anche incontro alla condanna per ingiuria, se scrivono lettere ai docenti nelle quali li accusano «di non essere degni di aver avuto alunni» come i loro figli.
A stabilire il principio sono stati i giudici della Cassazione, con la sentenza 21264, che ha confermato la condanna di Rosaria, una mamma sessantenne che aveva scritto una lettera denigratoria a una delle professoresse del figlio Federico subito dopo aver appreso della sua bocciatura nell’istituto di istruzione «Vitruvio» di Formia, in provincia di Latina. La signora Rosaria, nella lettera inviata alla professoressa Maria Nunziata, aveva scritto testualmente: «Lei non è degna di avere un alunno come Federico».
Non solo. La signora Rosaria, spinta dalla rabbia per la bocciatura del pargolo, aveva accusato la prof della «mancata valorizzazione dei pretesi progressi del ragazzo», accennando anche a «una volontà di ingiusto trattamento dell’alunno». Insomma un’insinuazione di una presunta scorrettezza da parte dell’insegnante, che secondo la mamma inviperita sarebbe stata all’origine del risultato deludente del figliolo. In ogni caso, i toni e i contenuti della lettera non sono stati presi bene, né dalla prof sotto accusa, che si è sentita offesa e ha sporto denuncia, né dai giudici. Ad avviso della Cassazione, la madre dell’alunno è stata giustamente condannata per ingiuria, perché quella lettera «esprime dispregio e offesa alla dignità personale e professionale dell’insegnante, trattata come persona di spessore umano e culturale inferiore a quello dell’allievo».
In sostanza, per i giudici una lettera del genere «esorbita» del tutto dal consentito diritto di critica e «sconfina nell’area della denigrazione e dell’attribuzione alla docente di un comportamento gravemente inosservante dei suoi obblighi». La Suprema Corte ha così confermato la sentenza emessa dal tribunale di Latina (sezione distaccata di Gaeta) il 14 gennaio 2009, che a sua volta aveva convalidato la pronuncia emessa dal Giudice di Pace di Gaeta: la signora Rosaria è colpevole di ingiuria. Inutilmente la madre del ragazzo bocciato ha protestato in Cassazione, sostenendo che il suo era stato un semplice sfogo nei confronti dell’insegnante e che, in ogni caso, le espressioni adottate nella lettera non erano «offensive e lesive della professionalità» della docente.

Il suo ricorso è stato respinto.
La Cassazione si è solo limitata ad annullare il risarcimento danni di 2.000 euro a favore della prof, sancito dai giudici di merito, constatando che la docente non aveva avanzato alcuna richiesta per ottenerlo.

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