da Washington
Gerusalemme pomo della discordia. Da un lato, il candidato repubblicano John McCain. Dallaltro, il democratico Barack Obama. Uno, da sempre ben visto dalla comunità ebraica, per il supporto che ha sempre offerto ad Israele e per la linea dura contro lIran. Laltro, dalle posizioni decisamente più controverse, alterna unapertura ad Israele a uscite che lasciano perplessa - per usare un eufemismo - la potente comunità ebraica, che a Washington conta parecchio.
E proprio un discorso pronunciato nei giorni scorsi dal senatore dellIllinois ha infiammato nuovamente la questione. Prima, accendendo gli entusiasmi degli israeliani, quando parlando allAipac, la principale organizzazione filo-Israele negli Usa, aveva detto che Gerusalemme avrebbe dovuto restare per sempre la capitale indivisa dello Stato ebraico. Poi, irritandoli, quando, pochi giorni dopo, ha precisato che è solo una visione ideale che difficilmente sarà realizzata. «Toccherà ovviamente alle parti negoziare su Gerusalemme - ha ritrattato Obama -. Per raggiungere la pace sarà necessario che il Governo israeliano accetti dei compromessi». Una precisazione dettata principalmente dalla reazione araba: anche il Kuwait, uno dei Paesi più legati a Washington di tutto il Medio Oriente, ha definito laffermazione di Obama «uno schiaffo in faccia a tutti gli arabi».
E McCain, da vecchia volpe della politica, non si è fatto scappare loccasione di attaccare il suo rivale nella corsa alla Casa Bianca. Prima, ha accusato Barack di «flip flopping», ossia di essere un voltagabbana, la stessa accusa rivolta da Bush a Kerry sullIrak nelle elezioni del 2004. «Non posso reagire a ogni commento che fa il senatore Obama - ha provocato McCain in Florida, uno degli Stati dove la popolazione ebrea è più numerosa - perché probabilmente cambierà idea», rimarcando anche linesperienza del rivale per quanto riguarda le questioni di politica estera, specialmente per quello che concerne gli interessi Usa in Medio Oriente.
E poi, il senatore dellArizona ha rilanciato, tendendo nuovamente la mano alla comunità ebraica. «Gerusalemme non deve essere divisa, è la capitale e dovremmo spostare lì lambasciata da Tel Aviv prima che accada qualcosa» ha detto il candidato repubblicano.
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