E l’ala sinistra si accontenta delle promesse

da Roma

A settembre Vincenzo Visco l’aveva detto, «ma solo in sede privata, che il credito di 4 milioni a Consorte era molto sospetto...». L’appunto si ferma qui, non si sa quale sia la «sede privata» che, appresa la segnalazione, l’abbia chiusa nel cassetto dei «boh». L’ecologista Fulvia Bandoli parla di «ombre calate su di noi». La prima: «l’abbassamento della guardia sulla finanziarizzazione dell’economia, su Bankitalia e sul mondo bancario». La seconda: «la nostra concezione del potere». La terza: dall’assemblea, sulla stessa Bandoli. Giovanni Berlinguer chiarisce che «D’Alema non ha risposto nel merito e fa un passo indietro anche rispetto al documento unitario». Ma sulle logiche interne non si pronuncia: «Non sono un dalemologo, la mia attività scientifica non contempla tali soggetti». Fabio Mussi torna sul palco alla fine, per dire che «sarebbe bene attenersi al punto di sintesi del documento, perché l’intervento di D’Alema apre una seconda fase di dibattito...». Ma non c’è più tempo per farlo. Cesare Salvi, alfiere della questione morale fin dall’estate, sostiene che «questo documento non è un testo per chiudere la discussione, ma un punto di partenza per superare una situazione che ricorda il ’92...». Ma l’intervento termina nel silenzio imbarazzato di un’assemblea che non ama i «guastafeste».
È in definitiva una piccola festa del rilancio, la direzione che si celebra davanti a telecamere, fotografi e taccuini sempre aperti. Uno slancio democratico per una riuscita kermesse mediatica. Ricca di spunti e contraddizioni come dev’essere un vero happening. Se Fassino dichiara che «non siamo in un bunker», Veltroni lo contraddice con grazia ricordando gli impegni con Prodi: «Attenti a non arroccarci...». Il gruppo dirigente in difficoltà chiama la sinistra interna a una maggiore collegialità - come ha sempre fatto il Pci nei momenti duri -, e D’Alema l’altra notte già si leccava i baffi: «Uniti come un sol uomo». Un sol uomo o «collegiali»? Veltroni fa spallucce: «Mah, significa che verrà convocato l’ufficio di presidenza qualche volta in più...». La Bandoli invece invoca «tante riunioni in più...». Mussi canta le lodi di «una gestione più unitaria», Bassolino esagera chiedendo «anche le minoranze in segreteria». Ma non pare che i «diarchi» Fassino-D’Alema intendano la collegialità esattamente nel senso di finire «commissariati». E quando Salvi esalta il riferimento, per la prima volta, all’articolo 49 della Costituzione «che stabilisce il ruolo dei partiti e la partecipazione fondamentale dei cittadini», si è già detto quale entusiasmo lo accompagni.

Il maggior peso della sinistra allora non si vede nel rallentamento del Partito democratico (che conviene al gruppo dirigente), quanto piuttosto nel numero di candidati di minoranza che si riuscirà a inserire nelle teste di lista. Ma se la cambiale verrà onorata, è presto per dirlo.

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